Chi è giovane e impegnato, in politica e nel sociale, non è automaticamente e per forza uno dei Pr protagonisti del divertimento organizzato, né un iscritto alla lista di collocamento del potente di turno, in attesa che sia gratificata la fedeltà con un posto di lavoro sicuro, né un semplice aspirante, in quanto disoccupato, a un posto da precario in consiglio di quartiere o a un posticino di sottogoverno. Quello che deve essere chiaro, nell’analisi del generale sistema dell’impegno politico giovanile che da tempo si riscontra a Messina, è che la politica e lo svago notturno viaggiano su due livelli del tutto separati e non possono essere mischiati: sebbene la prospettiva di additare come comportamenti generalizzati quelli di tanti miei coetanei che, valenti e seri amministratori, approfittano del proprio tempo libero per divertirsi e organizzare eventi, possa esercitare un fascino giornalistico, posso senza timore essere certo del fatto che in alcun modo la politica e il divertimento si accavallano durante le "serate". Ciò che viene prodotto politicamente quotidianamente è distinto e distante dalle serate presuntivamente "politico-rilassanti". Non si fa un buon servizio nel contribuire a diffondere questo sentimento. Dare questa immagine di chi vive la sua vita come un impegno, anche, per la sua comunità è ingeneroso e pericoloso, e alimenta molto spesso quel sentimento di sfiducia e diffidenza che sfocia nel populismo e nell’antipolitica. Ecco perché non condivido quel ritratto che spesso emerge della nostra classe politica, troppo spesso senza le dovute distinzioni. Il mio modo di vivere la militanza e l’impegno politico deriva da anni di formazione ed educazione ai valori della solidarietà, del rispetto e dell’impegno per il bene della comunità che ho avuto l’onore, da scout, di fare miei valori di vita e vere stelle polari dei miei comportamenti.
Credo che la politica giovanile, quella della militanza di ogni giorno, prescinda dagli eventi serali, che sono tollerati se ritenuti alla stregua di ciò che effettivamente sono, ossia momenti di svago e disimpegno, e sia legata all’impegno diretto, con responsabilità, alle azioni di ogni giorno. Questa politica, la mia politica, è servizio nei confronti dei più deboli e della comunità all’interno della quale mi trovo ad operare. È un impegno ed un servizio che non prescinde dalla difficoltà delle scelte – anche le più dure e impopolari – che però siano tese a un effettivo miglioramento della mia città, e, soprattutto, del mio partito.
La politica che mi anima è una costante e fedele applicazione del principio di etica pubblica e di responsabilità, e anche se con un piccolo gesto, devo far sì che essa sia finalizzata a costruire qualcosa in più, di migliore, da lasciare a chi verrà dopo di me. Su queste basi e su questi valori, del servizio e della solidale e costante attenzione verso i più svantaggiati e i più lontani dall’interesse di una politica sempre più auto referenziale, impegno tutto me stesso e il mio onore di militante. In questo quadro, il partito è solo uno strumento, e certamente non il fine, come spesso ritengono gli iscritti "adulti". Quando la struttura che dovrebbe consentire di agire per il cambiamento opera in maniera chiusa e autistica rispetto ai veri bisogni della comunità, è tempo che i giovani correggano errori e brutte tendenze invalse, con umiltà e dedizione; forse anche e a maggior ragione nei confronti degli "adulti"
Ma poi c’è un problema generazionale che va posto. Di una società, la nostra, e una classe dirigente che non pongono la generazione degli under trenta come fulcro di una politica. E così ci si concentra su un sistema di istruzione e formazione tutto orientato sui formatori più che sui destinatari, su politiche occupazionali più attente a salvaguardare “posti” improduttivi che a creare opportunità di sviluppo e quindi occupazionali, su false “liberalizzazioni” che invece che accrescere le opportunità dei giovani professionisti finiscono con garantire solo i “big players”, su una gestione del fisco e della burocrazia che invece che contrastare farabutti ed evasori finisce col colpire e strozzare chi prova a rispettare regole spesso folli, su un sistema creditizio che ha ormai chiuso i cordoni della borsa e si limita a prestare denaro a chi già lo ha e non ha quindi bisogno senza guardare al merito del singolo investimento, su politiche di welfare che tutto fanno tranne che sostenere la nascita di nuove famiglie.
Ecco perché trovo ineludibile che, a partire dalla nostra città, si ponga il tema forte di costruire una politica che abbia nelle nuove generazioni il proprio principale destinatario.
Paolo Barbera