L’arte di non rispondere purtroppo è molto diffusa

Egregio Direttore,

la definizione di “arte di non rispondere”, data da Giovanni Dotti nella sua lettera del 12 /7., mi sembra molto azzeccata, ed evidentemente è rivolta a chi non usa rispondere alle critiche o alle sollecitazioni indirizzategli, come certi politici, amministratori pubblici, associazioni o semplici cittadini. In particolare agli Amministratori Pubblici di ogni livello (nazionale, regionale o periferico) senza alcuna distinzione di partito, corrente o movimento.
Quante sono infatti le lettere, pubblicate su giornali stampati e online, di cittadini che si rivolgono a quei “signori” ponendo domande, facendo denunce, proposte o altro che restano senza risposta ? Persino l’iniziativa del Governo del maggio u.s. con cui si invitavano gli Italiani a comunicare su un apposito sito eventuali loro proposte per ridurre gli sprechi nella Pubblica Amministrazione si è rivelata una bufala ed ha rivelato il menefreghismo generale da parte delle Autorità competenti.
Difatti dalla stampa abbiamo appreso che sono stati ben 140.000 gli Italiani che hanno inviato le loro proposte, ma non è dato sapere se le stesse siano state lette, esaminate, catalogate, se sia stato stilato un elenco delle priorità, e quali spese da tagliare siano state quelle maggiormente indicate. E’ significativo che nessun politico, giornalista o conduttore televisivo di tanti programmi riguardanti la politica e l’economia abbia mai toccato questo argomento.
Sarà quindi opportuno fare buona memoria al momento del voto, unica arma rimasta nelle mani del comune Cittadino, ed evitare di premiare quei candidati e/o quei partiti che hanno abusato dell’ “arte di non rispondere” o di rispondere in modo ambiguo e indecifrabile.
Termino auspicando che i politici, e soprattutto quelli locali, usino sempre la cortesia di rispondere alle richieste e alle critiche dei Cittadini, specialmente se esternate pubblicamente a mezzo stampa e su argomenti di interesse generale, e che i giornalisti nel riportare i discorsi e le interviste dei politici abbandonino il “politichese” e terminologie esterofile (mal comprese dai più – ma forse è proprio questo che vogliono i politici): meglio parlare come si mangia, cioè in italiano, che oltretutto è una lingua molto più ricca e comprensibile dell’inglese. Anche questo sarebbe un modo per avvicinare i politici ai cittadini. Non vi pare ? Chissà se mai riusciremo a vedere un tale “ravvedimento” !

Un cordiale saluto a tutti
Martino Pirone