I Capi Gruppi Consiliari del centro sinistra alla Provincia di Messina, PD, IDV, e RfC, hanno inviato un esposto-interpellanza alla Presidenza della Regione Sicilia e all’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica (Servizio 3° – Vigilanza e controllo degli enti locali – Ufficio Ispettivo, Dirigente Dott.ssa Margherita RIZZA). Viene chiesta l’attivazione di un azione ispettiva nei confronti dell’Amministrazione Provinciale di Messina per la valutazione di legittimità sull’allargamento della Giunta Provinciale e questo nonostante il combinato disposto della normativa regionale in materia, ed in particolar modo per aver contravvenuto agli art. 5 e 13 della legge 5 aprile 2011 n. 6, con i quali la Regione Sicilia ha sancito la determinazione numerica della composizione delle Giunte, (le stesse non possono essere composte da un numero superiore al 20% dell’organo elettivo di riferimento), facendo inoltre decorrere gli effetti della norma dal 1° gennaio 2012. Pippo Rao, Maurizio Palermo e Franco Andaloro, nel documento hanno chiesto l’urgente attivazione degli organi di vigilanza e controllo della Regione Siciliana competenti in materia di Enti Locali, al fine di evitare che la Provincia di Messina oltre a passare agli “onori” della cronaca nazionale come ente locale che in epoca di riduzione degli apparati della politica moltiplica le poltrone, (andando così in controtendenza rispetto a Catania e Palermo, così come alla maggior parte degli enti locali nel nostro Paese), possa incorrere anche in provvedimenti sanzionatori.
L’esposto-interpellanza è stato inviato anche ai Parlamentari Regionali Messinesi del PD Franco Rinaldi, Filippo Panarello e Pippo Laccoto, che attiveranno nelle sedi istituzionali per parte propria l’azione ispettiva del caso.
La riduzione degli Assessorati è una battaglia che il PD con il proprio Capogruppo Pippo Rao da anni porta avanti alla Provincia, denunciando gli aspetti paradossali di quello che in questi anni è accaduto alla Provincia di Messina con Assessori che costavano in termini di indennità all’ente molto di più di quello che potevano gestire nel proprio bilancio ( i 15.000 euro per la cultura sono l’esempio più eclatante! ), oltre a competenze assolutamente inutili e uso degli incarichi a solo valenza elettorale e di gestione del potere fine a se stesso.