Spesso dietro gli “anglicismi” o i “tecnicismi” che gli addetti ai lavori adoperano, in politica come in economia, si nascondono operazioni che spesso sono fonte di numerose e gravi conseguenze. Secondo il mio parere, rientra in questa fattispecie il Fiscal Compact e l’European Stability Mechanism (ESM), approvati alla Camera lo scorso 19 luglio. Per la precisione, una volta in vigore, il Fiscal Compact detterà le nuove regole sulla disciplina di bilancio per i Paesi dell’Euro, mediante l’imposizione del "vincolo al pareggio di bilancio", di sanzioni automatiche nei confronti dei Paesi in deficit eccessivo, nonché dell’obbligo di riduzione del debito pubblico al di sotto del 60% del Pil. Riguardo l’ESM, ribattezzato dalla stampa “fondo salva Stati”, si tratta di un fondo destinato ad intervenire verso gli Stati in difficoltà. Molti sostengono che questi strumenti sono talmente forti che coloro che ne deterranno il potere condizioneranno pesantemente gli altri Stati al punto di sottrarne la loro sovranità. La ratifica del trattato istitutivo dell’ESM per esempio comporterà per le casse dello Stato l’esborso di somme ingentissime per finanziarne le quote di capitale. Lo Stato italiano, in “crisi” di liquidità al punto da non riuscire ad onerare i debiti contratti con le imprese fornitrici della Pubblica Amministrazione e declassato dalle agenzie di rating perché a rischio di insolvibilità, dovrà dunque reperire altre somme necessarie per finanziare il fondo. In altre parole l’Italia, per finanziare un “meccanismo” che scatti nell’eventualità che non riesca a fare fronte al problema del proprio debito sovrano, rischia di esporre se stessa ad altro debito. Una contraddizione il cui chiarimento avrebbe meritato quanto meno un maggiore e più approfondito dibattito nelle sedi parlamentari e sui principali canali mediatici in modo da informare correttamente l’opinione pubblica.
Il governo, infatti, non ha ancora chiarito come lo Stato italiano riuscirà ad ottemperare gli obblighi derivanti dal Fiscal Compact e dall’ESM. Nel Paese, da qualche anno, è invalsa la “moda” di fare riferimento alla Germania e alla sua leadership indiscussa in campo politico ed economico quando si voglia stabilire un importante termine di paragone al quale l’Italia dovrebbe conformarsi. La domanda che molti si chiedono è perchè invece stavolta non si è copiato quanto fatto dalla Germania. I tedeschi infatti attenderanno il pronunciamento della propria Corte Costituzionale prima di ratificare i trattati. Di fronte, dunque, ad una materia che avrebbe necessitato ben altri chiarimenti e approfondimenti, che legherà le attuali e future generazioni ad un vincolo inscindibile e che, di fatto, limiterà grandemente l’autonomia e l’indipendenza dell’Italia anche attraverso l’imposizione di meccanismi sanzionatori non adeguatamente controbilanciati, è calata una cortina di silenzio. Il fatto che sul Fiscal Compact e l’ESM gran parte dei media e degli apparati politico-istituzionali non abbia parlato o quasi, genera il sospetto che a reggere i destini dell’Europa, e non solo, agendo indisturbati saranno un gruppo di 15 “decisori” non eletti democraticamente ma “cooptati” da non si sa chi, ovvero da potentati economico-finanziari internazionali. Che si tratti di impegni colossali dobbiamo capirlo tutti visto che per i prossimi 20 anni dovremo restituire qualcosa come 40/50 miliardi di euro ogni anno. Una cifra colossale che rischia di far saltare il Paese. E così mentre l’attenzione dei media è puntata sull’ennesima sceneggiata napoletana del nuovo Consiglio di Amministrazione della RAI, fatto che non interessa quasi nessuno " sui destini che segneranno nel bene o nel male le condizioni economiche e sociali del Paese per almeno una generazione, il dibattito è stanco e accademico. D’altra parte se si guardano le prime pagine dei giornali italiani, si fatica a trovare notizia dell’importanza dell’impegno assunto. La voce di chi approva sapendo di che cosa si tratta, delle conseguenze che implica, delle opzioni stringenti che impone ai prossimi governi, non trova udienza, come si dice, non fa audience. I tedeschi saranno troppo ragionieri, ma almeno pensano e misurano a quello che fanno".
(Sergio Soave, Italia Oggi 20/07/2012)
Alessandro Pagano