Forse Raffaele Lombardo è il più euclideo dei post-democristiani, uno che ha sempre saputo che le convergenze non possono mai essere parallele e per questo nei 1570 giorni che hanno preceduto le sue dimissioni da governatore ha incrociato la propria retta ora con il Pdl, ora con il Pd. Gli è sempre andata bene, perchè dagli incontri-scontri chi ha avuto la peggio sono stati ora il Pdl e ora il Pd, senza tralasciare gli altri partiti che – a turno e al prezzo di sanguinose lotte interne – hanno sostenuto i suoi governi da quando, nel 2008, è stato eletto alla presidenza della Regione. Dovrà aspettare, invece, per sapere come finiranno le sue vicende giudiziarie, che gli hanno consigliato le dimissioni: era processato a Catania per reato elettorale e a ottobre il Gup si dovrà pronunciare sul rinvio a giudizio con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa unendo le accuse per un unico processo.
La grande ribalta per Lombardo inizia nell’aprile 2005, quando l’ex democristiano lascia l’Udc, di cui era stato segretario regionale, e si mette ‘in proprio’ fondando il Movimento per l’autonomia. Un mese dopo guida un rassegnato centrodestra (che aveva come esuberante avversario Enzo Bianco) alla rielezione di Umberto Scapagnini a sindaco di Catania . Una ‘regia’ che gli serve a mostrare il suo talento per le operazioni impossibili, talento che piace all’ex compagno di partito Salvatore Cuffaro, il quale nel gennaio 2008 era stato costretto a interrompere il suo secondo mandato dopo una condanna per aver favorito la mafia, reato che nel 2011 lo portera’ in carcere. Ottenuto l’appoggio di Cuffaro e del centrodestra, il 14 aprile 2008 Lombardo batte con oltre il 65% dei voti la candidata del centrosinistra Anna Finocchiaro, ferma al 30%. All’Assemblea regionale non si era mai vista una maggioranza cosi’ ampia: 62 deputati vanno alla coalizione vincente, 28 al Pd.
Ma Lombardo ama la vita spericolata e il primo sgambetto lo fa al suo grande sponsor Cuffaro, affidando l’assessorato alla sanita’ (il regno del suo predecessore) non all’Udc ma a un ex pm della Dda di Palermo, Massimo Russo. Poi caccia dai posti chiave gli uomini di Cuffaro. A questo punto la rottura tra i due e’ inevitabile. Ma a poco piu’ di un anno dalla sua elezione è pure in guerra con il Pdl, che si spacca tra ‘lealisti’ e sostenitori di Lombardo, e quest’ultimo gruppo annovera gli uomini vicini a Gianfranco Micciche’. Si spacca anche l’Udc: i cuffariani, al grido di ‘mai piu’ con Lombardo’, fondano il Pid. E si fa male anche il Pd, che a costo di rotture interne al partito fa il grande salto e abbraccia Lombardo, sostenendo un governo tecnico dal quale uscira’ soltanto a giugno scorso, parecchi mesi dopo che la procura di Catania aveva indagato Lombardo: dell’indagine si ha notizia nell’aprile 2010.
Oggi i suoi sostenitori sono rimasti pochi: Fli, Api, oltre all’Mpa e alla locale formazione del Movimento popolare siciliano. Negli ultimi tre mesi Lombardo non ha risparmiato nomine di manager, burocrati (ben 130 in 3 mesi) e assessori, tanto che l’Ars ha dovuto approvare una legge, la ‘blocca-nomine’, appunto, per fermare il governatore. Ma nessuno, finora, ha idea di come fermare il deficit e risanare il debito che divora la Regione e che preoccupa Monti, Napolitano e le agenzie di rating, tanto che per 24 ore – dopo l’allarme lanciato in un’intervista dal vicepresidente di Confindustria Ivan Lo Bello – la Sicilia era stata data tecnicamente per fallita.
Francesco Terracina – Ansa