Colui che cammina senza colpa pratica la giustizia…

Carissimi,
mentre riprendiamo il ritmo di vita ordinario dopo la pausa della vacanze estive, le nostre menti sono aggredite dal confronto fra le forze politiche e sociali in vista delle elezioni regionali del prossimo 28 ottobre. In tale contesto noi cristiani non dobbiamo mai dimenticare l’impegno etico, che proviene dal vangelo, di collaborare con tutti gli uomini di buona volontà alla costruzione della città terrena, imperniata sui valori della libertà, dell’amore e della pace. All’inizio di questo mese, vi dissi che la Parola proclamata in quella liturgia offriva attraverso il testo del salmo 15 dei parametri sicuri per riconoscere i veri dai falsi responsabili della cosa pubblica a tutti i livelli: politico, amministrativo, giudiziario, ecclesiastico, sociale etc… In questa sede vorrei riprendere quel filone partendo proprio dal testo del Salmo 15, qui allegato per non farvi perdere troppo tempo per andare a cercarlo nella Bibbia.
Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sulla tua santa montagna?
Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua,
non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.
Anche se ha giurato a proprio danno,
mantiene la parola;
non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.
Riprendo brevemente i presupposti che l’autore sacro descrive per coloro che vogliono far parte degli ospiti del Signore, coloro cioè che possono stare alla sua presenza: l’integrità, la giustizia, la verità, la presa di distanza dai malvagi, l’assenza di calunnie, della brama di far del male e degli insulti, l’odio verso l’usura e chi la pratica, il disprezzo verso chi si lascia corrompere a danno dell’innocente…il tutto vissuto come concretezza del rispetto verso Dio (il salmo dice “onora chi teme il Signore”).
Questa in sintesi la griglia di valutazione per tutti i cristiani e particolarmente per coloro che ricoprono posti di responsabilità nei vari ambiti della società. Aggiungo subito che tali requisiti hanno lo spessore delle “condizioni necessarie”, cioè elementi sui quali le persone interessate devono aver dato ampie conferme con la propria vita. Il campo in cui questi attributi necessari devono essere vissuti è quello del rapporto con il prossimo. E qui emerge una prima conclusione. Se da una parte richiediamo tali condizioni ai nostri responsabili, dall’altra siamo indotti (da noi stessi) a vigilare perché tali clausole vengano rispettate.
Purtroppo molte volte (per non dire “sempre”) il nostro senso “critico” è stato alienato da lusinghe politiche-sociali-ecclesiali finite in delusioni.
Cari amici, penso che ormai siamo davvero al capolinea della nostra dignità se non sapremo reagire a tutte le ingegnose strategie, a cura dei nostri capi, finalizzate al mantenimento dello stato attuale, condite dall’alibi del generale smarrimento contemporaneo. Pazientare non serve a nulla e non possiamo dare sempre la colpa a chi sta in posti di comando se non prendiamo il coraggio a due mani per far saltare in aria i meccanismi ben congegnati dai furbi. Lo scrittore di origine russa Evgenij Aleksandrovič Evtušenko, dissidente del regime sovietico, da oltre 20 anni lamenta che la gente “ha consentito alla cricca di fare tutto quel che voleva. Permettere i crimini è un modo di partecipare ad essi, e storicamente siamo abituati a permetterli. E’ tempo di smettere di dare la colpa di tutto alla burocrazia. Se tolleriamo qualcosa, allora ce lo meritiamo”. Queste parole andrebbero scolpite nella mente e nel cuore di ogni uomo, perché vanno diritte alla coscienza e ribadiscono che non si può mai agire contro di essa. Detto altrimenti, ci dovremmo sentire in colpa tutte le volte che abbiamo praticato la “pazienza servile”, invece di indignarci per come la gente viene sistematicamente presa in giro. Provo a descrivere con una immagine banale la situazione che viviamo. In questi giorni – viste le favorevoli condizioni climatiche – non spuntano solamente i funghi nel sottobosco dei nostri monti, ma in tutte le strade sfilano lacchè di ogni forgia che sponsorizzano questo o quell’altro candidato al governo regionale e organizzano eventi in vista delle prossime elezioni amministrative a Messina.
E’ desolante questo quadro, lo sappiamo…ma non possiamo restare muti e non intendo nemmeno incitare alla rivolta o alla disobbedienza. Vorrei però che aprissimo veramente gli occhi, scevri da interessi di parte, per educarci alla ricerca della verità vissuta nell’amore reciproco. E’ un servizio molto delicato che va fatto senza pretese di primogenitura ma accettandone tutti i rischi.
Per far questo, tutti, dobbiamo “dire la verità che abbiamo nel cuore”. Un’operazione che riprendo e rilancio attraverso le parole provocanti di Léon Bloy, scrittore francese del XIX sec. “Non tutte le verità vanno dette. Ce ne sono altre, più numerose, che non vanno neppure ascoltate. Dunque bisogna fare una scelta fra le une e le altre, il che presuppone il discernimento degli angeli, e di che angeli! La verità che esponesse il divulgatore o il testimone a una disgrazia, evidentemente non andrebbe detta. (…) Se si sopprimono sia le verità pericolose da proclamare che quelle sgradevoli da ascoltare, non ce n’è che un terzo gruppo. Dichiariamolo senza indugi. Nessuna verità va detta. (…) Forse non c’è neppure Verità. Pilato che La guardava in Faccia, non ne era certo”.
La conclusione, cari amici, è molto semplice: smettiamola con le nostre soluzioni pilatesche… nella scuola, nella fabbrica, nella politica, nello sport, in famiglia, nella Chiesa (sulla falsariga del canto).
Auguri di ogni bene.
padre Ettore
Parrocchia San Giacomo Messina