Spending review ed election day. Come il Palazzo ci vive lontano, e si fa male

Non si sa ancora con quale legge elettorale andremo a votare, così come non si sa se le elezioni per il rinnovo dei consigli regionali di Lombardia, Molise e Lazio saranno insieme alle politiche di aprile o a febbraio o prima ancora. I nostri rappresentanti istituzionali sembrano molto appassionati in questo periodo a parlarsi più o meno addosso, per perorare una legge pinco o una legge pallo, sostenendo -tutti- che con l’attuale (la cosiddetta porcellum) non è possibile procedervi; e ignorano che le direttive europee in materia vietano la modifica della legge elettorale con tempi così ravvicinati alla scadenza delle elezioni… ma questo poco interessa a chi ci governa e a chi ci fa le leggi, perchè per loro la ragion di Stato non è quella che fa delle leggi un baluardo, ma solo uno straccio da usare a proprio piacimento. “Ma allora tu vuoi tenerti il porcellum”, dirà qualcuno. E io gli rispondo: non mi interessa il porcellum o un’altra legge, so solo che per il mio Paese il problema più grosso che c’è (anche rispetto ad una legge elettorale) è il deficit di legalità; per cui se si riuscisse a non stracciarla di continuo, forse ricomincerei ad avere un po’ piu’ di fiducia nei miei rappresentanti istituzionali. Sarà che come associazione di consumatori lottiamo tutti i giorni per il rispetto della legalità e dei diritti e doveri dei cittadini, ma questo “chiodo fisso” della legalita’ non solo non riusciamo proprio a levarcelo di testa, ma crediamo che sia il grimaldello per la rivoluzione delle rivoluzioni, quella dalla parte della certezza dei diritti e delle pene. In questo contesto, è significativo il balletto sull’election day, trasversale a tutti gli schieramenti ufficiali. Anche il meno attento alle “cose pubbliche”, capisce che l’accorpamento di tutte le consultazioni in un unico giorno, oltre che risparmio economico (notevole!) avrebbe un grande pregio: evitare che il Paese sia per mesi e mesi in campagna elettorale, favorendo così -a nostro avviso- l’aumento della disaffezione degli italiani verso le decisioni per la “cosa pubblica”. Possibile che i nostri rappresentanti istituzionali non capiscano che un periodo cosi’ lungo di campagna elettorale fa parte solo di un loro DNA sempre più lontano da quello degli italiani? Italiani che invece vorrebbero occuparsi delle questioni della loro vita che controllano direttamente -dopo opportuna delega per quelle istituzionali. Se i nostri rappresentanti non capiscono questo semplice passaggio, credendo che il loro mondo sia quello degli italiani, si preparino a cantar vittoria per le roboanti percentuali che i loro schieramenti otterranno alle elezioni, ma con la consapevolezza che saranno sul 50% o molto meno dell’intero corpo elettorale. Così crediamo che sia. E il cittadino medio continuera’ a non fare, per esempio, distinzione tra il proprio Comune incapace di gestire -anche nelle infrastrutture- il traffico urbano e “quelli che scaldano le seggiole a Roma”. E per non avere troppi danni da entrambi, non solo ignorerà se farsi rappresentare da tizio o caio, ma cercherà di fare da sè in tutto, dando meno soldi possibile allo Stato centrale o locale.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc