POSSIAMO INDIGNARCI SENZA ESSERE ARRUOLATI AI VIOLENTI DI PROFESSIONE?

Avevano previsto un autunno caldo e così è stato. S’infiammano le piazze e riprendono le proteste, gli studenti a braccetto con i professori irresponsabili e proletarizzati, ricompaiono i provocatori, i violenti di professione. E’ un film già visto, sembrano le stesse scene dell’anno scorso, il 14 ottobre nelle vie di Roma. Anche allora i commenti sono stati sempre gli stessi, da una parte ci sono i violenti (la minoranza) che ne approfittano e si sfogano con la violenza, dall’altra la maggioranza che si limita a urlare slogan e a protestare. I soliti distinguo dei benpensanti e infine i soliti attacchi ai poveri poliziotti che sono sempre e comunque violenti almeno per una certa parte politica. Che i poliziotti sono lì per fermare i violentimi sembra normalissimo ed è giusto che li fermino. Peraltro l’utilizzo di manganelli, lacrimogeni, idranti e blindati è proporzionale alla concreta minaccia recata all’ordine pubblico e“chiunque strizzi l’occhio a quei violenti si assume una grave responsabilità – scrive Davide Giacalone – Chiunque metta sullo stesso piano chi attacca con formazioni a testuggine e chi respinge tutelando la legalità, parlando indistintamente di “violenza”, o non sa quel che dice o quel che dice è grave”.
C‘è il rischio di “ imboccare una strada in discesa. Anzi, si può perfino precipitare . – scrive Marco Cavallotti su legnostorto.com,-E la conquista delle piazze da parte di gruppi frustrati, velleitari, disorientati e confusi – come confuse sono le forze politiche, incapaci di porre un freno e perfino di prender posizione –, potrebbe davvero oggi assumere un significato e un peso gravissimi”, anche perché c’è un governo incapace di usare la fermezza e ancora peggio, non sembra in grado di cogliere la gravità della situazione.
In questo momento mi sembra necessario chiedersi se questi manifestanti che scendono in piazza facendo uso della violenza e gridando slogan e rituali appartenenti a quell’ideologia, sconfitta dalla Storia, cioè il marxismo, stanno dalla parte delle famiglie, delle imprese, che sono massacrate di tasse dallo Stato che non vuole dimagrire, da un governo che interpreta l’austerità come dieta da infliggere ai cittadini (mentre il risanamento dev’essere centrato su riduzioni della spesa e non su aumenti delle tasse, ripete Draghi).Sicuramente no. Anzi chi ha manifestato in questi giorni, è sceso in piazza “ per preservare un modello sociale insostenibile e rivendicarne uno ancor più insostenibile, da finanziare ovviamente con più patrimoniali, e le cui proteste – per altro violente – hanno a che fare più con vecchie ideologie, rigurgiti dalla pattumiera della storia, che con un reale disagio sociale, come l’esperienza degli anni passati dovrebbe insegnarci”. (Federico Punzi, In piazza l’ideologia non il disagio, 17.11.12 Legnostorto.com)
Continuare come fanno certi giornali a distinguere i manifestanti tra una “una minoranza facinorosa, anarco-insurrezionalista», e “una maggioranza rumorosa», non si fa un buon servizio: è una distinzione fasulla, perché entrambi sono mossi più che da un disagio sociale, dalla stessa ideologia:“ l’ideologia statalista e assistenzialista, dunque conservatrice e regressiva. Diciamolo forte e chiaro: non è che quelli che distruggono banche e assaltano le forze dell’ordine, o inneggiano a Saddam Hussein, hanno torto solo perché sono violenti, mentre gli altri hanno ragione. Hanno torto entrambi, perché entrambi la pensano allo stesso modo, si differenziano solo nell’"azione", nelle modalità della loro lotta al "sistema". Una generazione, ma forse più d’una, è stata «derubata del futuro», non c’è dubbio, – continua Punzi – ma non a causa delle politiche di austerità, bensì del debito pubblico e della scarsa crescita economica causati proprio dal modello sociale che con forme di protesta come l’Eurostrike di ieri si vuole difendere. Ciò per cui lottano i manifestanti scesi in piazza ieri è esattamente ciò che ci ha portati in questa crisi, è parte, almeno una gran parte del problema, non della soluzione. Non chiedono meno Stato e meno tasse, chiedono istruzione e sanità gratuite, posto fisso e ben retribuito (perché il lavoro è un diritto, non una merce), di andare in pensione prima possibile, insomma un percorso di vita, dalla culla alla tomba, in cui tutto è dovuto, garantito, a prescindere da meriti e responsabilità individuali, e naturalmente a spese di qualcun altro (e se i soldi non bastano, che si stampi moneta fasulla)”.
Certo chi ha tante ragioni per criticare il governo Monti come il sottoscritto potrebbe essere tentato dal condividere queste manifestazioni, ma non bisogna cadere nella trappola, questi manifestanti non appartengono a chi ha veramente motivo per essere indignato. In piazza, c’è la strumentalizzazione dei soliti rivoluzionari di professione che cercano di sfogare la loro rabbia ideologica. Tuttavia qualche tipo di protesta pubblica bisogna pur farla anche a rischio di essere arruolati tra i facinorosi della piazza, pertanto ha ragione Marcello Veneziani nel suo intervento su Il Giornale, quando s’interroga su come si deve comportare l’italiano medio: “cosa deve fare, l’italiano poveraccio, prendere mazzate e star zitto, non esercitare il suo ruolo di cittadino, non cercare vie d’uscita e nemmeno ribellarsi, perché poi finisce con i violenti?”
Infatti, oggi l’italiano subisce la malapolitica dello Stato canaglia, come lo chiama Piero Ostellino, inoltre, si trova“schiacciato tra la morsa di un governo tecnico, che lui non ha voluto e che lo ha ridotto al ruolo di debitore eterno (dico eterno perché lo spremono per pagare gli interessi sui debiti, non per cancellare i debiti stessi), e di una classe politica corrotta e incapace di tutto: di tagliare i suoi costi, di presentare una credibile alternativa ai tecnici o anche solo di concordare una legge elettorale decente”. (Marcello Veneziani, L’italiano senza scampo cerca il botto, 17.11.12 Il Giornale)

DOMENICO BONVEGNA
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