Che si tratti delle infuocate primarie del centro-sinistra o di quelle imponderabili del Pdl, i vertici della Chiesa cattolica italiana si sono distinti, in queste settimane, per il loro silenzio. Un silenzio non casuale. All’interno dell’episcopato esistono sensibilità sociali e politiche diverse, ma tutti i vescovi sono consapevoli che, con un sistema partitico in ebollizione e un quadro economico preoccupante, c’è un solo punto fermo a cui guardare in questo frangente, il Governo guidato da Mario Monti.
Certo, non è prerogativa né prassi dell’episcopato intervenire apertamente sulle dinamiche interne ai partiti. Ma anche dietro le quinte l’episcopato ha evitato ‘endorsement’ facilmente strumentalizzabili. L’annoso collateralismo con il ‘berlusconismo’ all’epoca del cardinal Ruini ha lasciato il posto a una grande freddezza nei confronti del Cavaliere. Anche all’interno di Comunione e liberazione, un tempo fedele alleata di Berlusconi, la caduta del premier e il successivo passo indietro di Roberto Formigoni hanno provocato un terremoto.
Innescando una frattura sottotraccia tra l’ala religiosa guidata da don Julian Carron (che ha evocato l’esilio nel deserto per abbandonare "qualsiasi pretesa egemonica"), spalleggiato dal cardinale arcivescovo di Milano Angelo Scola, e una fronda più vicina alla Compagnia delle opere e meno incline a liquidare il passato.
Ora la Conferenza episcopale italiana osserva a distanza, e con una punta di scetticismo, la faticosa gestazione delle primarie nel Pdl. Un’evoluzione del partito verso il Ppe, con un Berlusconi relegato a padre nobile e una componente cattolica rafforzata, sarebbe benvenuta. Ma non appare affatto chiaro, in casa Cei, che Angelino Alfano sia in grado di compiere questo traghettamento, e il ritorno, prospettato, del Cavaliere non fa che rafforzare le perplessità. Quanto al Pd, al di là delle possibili divergenze su bioetica e coppie gay e del rischio che l’area cattolica e popolare sia irrilevante, ogni valutazione è ipotecata dalle future alleanze (con l’Udc? Con Nichi Vendola?) in caso di un eventuale vittoria alle elezioni. Il centro dello schieramento, di sicuro, è più vicino alla sensibilità di molti vescovi, ma la Cei si guarda bene da affrettarsi a benedire il movimento di Montezemolo, pur innestato da personalità stimate come il ministro Andrea Riccardi. Resta indecifrabile un ‘grillismo’ bianco che potrebbe rivelarsi più ampio del previsto.
Preoccupa, in generale, il rischio dell’astensione, tanto più di fronte ad un malaffare apparso pervasivo negli ultimi mesi.
"Bisogna prepararsi seriamente – ha avvertito il card. Bagnasco a settembre – non con operazioni di semplice cosmesi, bensì portando risultati concreti per il Paese e un rinnovamento reale e intelligente delle formazioni politiche e il loro irrobustirsi con soggetti non chiacchierati".