Già dal 20 gennaio s.v. Giovanni Palladino segretario nazionale politico di Italiani Liberi e Forti, così si era espresso in merito al finanziamento dei partiti: ”Non saremo il partito dei leader dotati di milioni di euro, ma saremo il partito della gente normale; partiamo con scarse risorse finanziarie, ma non abbiamo paura… siamo razionalmente convinti che le risorse arriveranno e sarà tutto denaro pulito. Non vogliamo che il partito sia finanziato dal denaro pubblico, preferiamo che tutte le risorse siano private e che ovviamente non provengano da lobby economico-finanziarie, né tanto meno da logge massoniche.” L’argomento sempre in voga è stato toccato nel duello all’americana avutosi in questi giorni tra Bersani e Renzi in vista dell’ormai prossimo ballottaggio. E Palladino è ritornato sull’argomento per esprimere le sue valutazioni in merito alle osservazioni rese note in diretta tv dalle scaramucce dei due duellanti.
“A mio parere Renzi ha surclassato Bersani su RAI 1, ma gli è mancato il colpo del KO, colpo che in un caso non poteva avere. Mi riferisco allo spinoso problema del finanziamento pubblico dei partiti. Bravo Renzi nel ricordare a Bersani la vergogna delle leggi – via via più generose – sui rimborsi elettorali, che hanno sostituito le norme di finanziamento alla politica antecedenti al 1993 e che un referendum popolare aveva abolito.” – sono le parole di Palladino. Renzi vuole fare “tabula rasa” dei rimborsi, aprendo al solo finanziamento privato della politica. Ma Bersani gli ha obiettato: “Caro Matteo, io non voglio che la politica possa essere fatta solo dai ricchi!”.
Ma Renzi, sempre secondo Palladino, non avrebbe potuto replicare proponendo la soluzione che è poi quella di ILeF e di “Fermare il declino”, ed ovverosia che per evitare il monopolio dei ricchi nella vita economica di un partito è sufficiente porre un tetto ai contributi versati dai soci e dai simpatizzanti (10.000 euro per ILEF e 40.000 euro per FID). Non poteva farlo, perché la sua campagna per le primarie è stata finanziata in minima parte dai “poveri” (contributi di piccolo importo che Renzi ha pubblicizzato “on line”), mentre i versamenti dei “ricchi” non sono stati dichiarati con altrettanta trasparenza – ci ha tenuto a precisare il segretario ILeF.
“Chi sono i ricchi amici di Renzi? Sono per lo più provenienti dal mondo finanziario di
nuova generazione, che io definisco appartenere al capitalismo stile Las Vegas. È quel
capitalismo d’affari di carta che tanto male ha fatto negli ultimi anni al mondo produttivo,
ossia al capitalismo dell’economia reale, cioè delle imprese vere, che producono beni e
servizi utili per la gente comune.” – ha continuato a spiegarci Palladino. Il capitalismo speculativo stile Las Vegas è un sistema ideato a Londra e a New York dalle cosiddette “banche d’investimento”, che – nel vedere i loro guadagni erosi dalla concorrenza nella compravendita dei titoli quotati in Borsa, ebbero l’infelice idea di creare prodotti finanziari non quotati in Borsa, ma “fuori Borsa” (OTC = Over The Counter), dove le regole sono per lo più fatte dagli stessi intermediari. In tal modo si può sfuggire all’occhio vigile degli “arbitri”. Inutile dire che gran parte di questi prodotti finanziari sono del tutto scollegati dal finanziamento delle imprese produttive e che il loro obiettivo è di attrarre l’avidità di guadagno di brevissimo termine, tipica di chi opera “fuori Borsa”. Palladino di questo ne aveva già parlato il 31 gennaio scorso nel suo articolo “Occupare Wall Street? No, occupare le banche che fanno a meno di Wall Street” nel sito web di ILeF (http://www.ilef.it/index.html) nella sezione “Noi la pensiamo così”. Allargando poi il discorso il segretario politico di ILeF si è così espresso: ”Sono convinto che l’economia reale non potrà riprendere la strada di un sano e sostenibile sviluppo, se il mercato non verrà liberato dalla presenza degli intermediari finanziari “di carta”. C’è bisogno di una legislazione che proibisca le scommesse fatte a danno delle imprese produttive. È pertanto dannoso che i partiti dipendano finanziariamente da certi “ricchi amici”, che prima o poi presentano il conto per
condizionare il legislatore. Se la politica vuole davvero acquistare credibilità e
autonomia (oltre che “pulizia”) deve sganciarsi non solo dalla dipendenza del denaro
pubblico, ma anche dalla dipendenza del denaro privato “interessato”.
Il suo articolo del 31 gennaio si concludeva così: “La diffusione del capitale di rischio (quello di tipo produttivo e non di tipo speculativo) è di fondamentale importanza per una sana economia sociale di mercato, che non può dipendere solo dal credito bancario o, peggio, dallo Stato per essere finanziata correttamente. A una funzionante democrazia politica (che non si regga sui
“padroni” dei partiti) va affiancata una funzionante democrazia economica (che non si
regga sui “padroni” delle banche e delle imprese). Indigniamoci contro questi
“padroni”, che non hanno futuro, ma che mettono in pericolo il nostro futuro.”
Vito Piepoli