A chi provoca dolor di pancia il CUS MESSINA BASKET? Domanda che merita una riflessione visto che ci tirano sempre per la maglia pur non partecipando ad alcun tavolo sindacale né politico. In una città carica di problemi con Comune e partecipate sull’orlo del fallimento, per non parlare degli scandali economici e il sacco edilizio dilagante, il problema dei problemi per taluni sono i successi sportivi nel basket del Cus Messina. Non ci posso credere, noi messinesi siamo dei masochisti: invece di dare merito e sostenere – come ragione vorrebbe – un gruppo di persone che nel momento più basso della qualità della vita di Messina, con degrado e violenza nei quartieri, hanno voluto scommettere su un progetto sportivo e sociale, con risultati sorprendenti, nonostante l’oscuramento dell’establishment, si fa di tutto affinché il progetto Basket finisca. No, per i debiti, che non ci sono – il nostro conto corrente funziona – bensì per la nausea che producono certe cattive informazioni spacciate per verità: una telefonata per conoscere i dettagli alla fonte, no? Sarebbe la normalità, invece si preferisce metterci di mezzo su questioni che non ci riguardano, semmai riguardano personaggi che oggi non ci sono più e che furono il vanto di quella Messinesità che a noi non piace, perché falsa e ipocrita, in una parola da operetta. Premesso questo parliamo di fatti. Il CUS BASKET MESSINA è primo nel campionato DNC: in un‘altra città sarebbe sinonimo di vanto per i cittadini, i media, la società civile. Primi da quasi due anni ripartendo quasi da zero: trionfando la scorsa stagione nella C regionale e nella Coppa Sicilia. Non solo: ci sono da ricordare una semifinale ai Cnu 2011 di Torino e l’argento conquistato sei mesi fa alle finali universitarie di Messina. Numeri da record raggiunti non per caso. Numeri che contano soprattutto di questi tempi: dal punto di vista sportivo, del target e i pubblicitari lo sanno bene visto che già molte aziende e Enti hanno voluto che il CUS BASKET MESSINA sia il testimonial del loro marchio e delle loro attività. Alla base di tutto c’è un progetto sportivo che vede il coach Pippo Sidoti protagonista. E soprattutto un grande sogno: riportare la città di Messina nell’olimpo del basket costruendo anno dopo anno una formazione che si autofinanzi con sponsor privati. Il fine non è per vanità di Sidoti e del commissario Sergio Cama, bensì per ripopolare gli impianti dell’Annunziata aprendoli alla comunità. Per raggiungere l’obiettivo e dunque rilanciare economicamente il Cus Messina, si è pensato di puntare oltre che nell’attività sportiva anche in quella sociale: scuole e quartieri, specie quelli più disagiati. Attività che è diventata vincente, sono i numeri a dirlo – non questo modesto cronista di parte – grazie ai giocatori del Cus basket: atleti a tutto tondo, ma soprattutto ragazzi dal cuore d’oro, voluti da Sidoti e Cama proprio per il loro valore umano oltre che sportivo. Li dovreste vedere Cavalieri, Sabarese, Riva, Sereni, Di Dio, Mercante e Grillo all’opera: sono fantastici per umanità e calore. Hanno conquistato il cuore di tanti ragazzini per la loro sensibilità e simpatia nell’educarli alla vita oltre che al basket. Invece di gettare fango su persone che meritano rispetto bene avrebbero fatto i denigratori del CUS Basket a conoscere la storia di questa nuova realtà. Invece no, il primo posto nel campionato DNC dà fastidio, i successi sportivi e sociali provocano mal di pancia e nella città delle eterne incompiute. Non si può permettere che il CUS BASKET diventi un grande esempio da imitare: come farebbero poi a spiegare i loro fallimenti umani e sociali? E allora si oscurano le cose buone e si mettono in vetrina quelle meno buone che comunque non ci appartengono, perché quel modo di gestire una struttura non è il nostro. Il lavoro genuino del CUS BASKET MESSINA non è andato in onda su nessuna rete ma è come se fosse. Un paradosso lega in modo mirabile i tanti notiziari: parlano del silenzio, dei buchi, delle bugie politiche. Ci ricordano come il fascino della parola si smarrisca nella disinformazione, come spesso la loquacità da operetta cara a quella Messina che a noi non piace, copre i pensieri di una durezza malsana. I ragazzi del CUS Basket si allenano duramente, vanno nelle scuole, aiutano i ragazzini meno fortunati dando delle speranze e facendogli conoscere le regole per affrontare a testa alta la vita. Lo fanno in silenzio ma ne vanno fieri: colmano un vuoto che la politica ha creato, che i media non raccontano per non mettere a disagio la cattiva politica, quella stessa che ha ridotto Messina all’osso e frantumato il futuro di tante famiglie. Per carità, il CUS Basket non può da solo risolvere i disastri provocati dalla classe dirigente messinese mediocre, né promettere centinaia di posti di lavoro ma può, questo sì, alleviare le domeniche di tante persone con lo sport e far parlare di Messina per i successi non per le porcherie come capita purtroppo da tempo. Invece al CUS BASKET MESSINA si pensa che le buone intenzioni devono essere trasformate in scelte di vita; troppi momenti di finta esaltazione che quella parte di città salottiera propaganda finiscono con il ritorno alle miserie di tutti i giorni. Proprio per frenare i progetti del CUS BASKET MESSINA il silenzio scorre lento. Senza centro né principio. La paura del dire la realtà per quella che è offende l’intelligenza di quanti nel silenzio lavorano per Messina. Nessuno che comprenda di come sia difficile rendere professionale e produttivo un luogo che per anni e anni di professionale ha avuto ben poco: siamo arrivati che c’era il deserto, la desolazione, la frustrazione, lo specchio di molte realtà cittadine. Per ridare dignità e consapevolezza nelle proprie capacità non basta una gara vinta ma un filotto di successi. Per far avvicinare gli imprenditori bisogna farli innamorare di un progetto, di un sogno, e poi basta poco per distruggere tutto e farli scappare: basta spargere veleno e falsità. Poi magari si scopre che al posto del CUS MESSINA all’Annunziata ci faranno delle villette, delle residenze perché lo sport, quello con la S maiuscola ha chiuso. Ma non importa. Che volete che sia in una città grigia.
Roberto Gugliotta