Vigilia di elezioni e puntualmente la Chiesa scende in campo. Lo fa per mettere un freno al degrado etico e morale che ha corrotto gran parte dei Palazzi istituzionali: la gente vuole che la politica cessi di essere una via indecorosa per l’arricchimento personale, sottolinea nella sua prolusione il cardinale Angelo Bagnasco, per il quale s’impone un potere disciplinare affidabile e una regolazione rigorosa affincheè il malcostume della corruzione sia sventato, tenendo conto però che a poco servono le necessarie leggi se le coscienze continuano a respirare una cultura che esalta il successo e la ricchezza facile, anzichè l’onore del dovere compiuto. Bastano queste parole per aiutare lo spirito di rivalsa dei cittadini? La realtà è desolante: 215 simboli per governare il Paese. A noi che viviamo la sconfortante campagna elettorale messinese il dato non sorprende: 215 simboli sono sempre un numero inferiore rispetto ai cento candidati a sindaco che si dichiarono pronti, anzi prontissimi ad amministrare il Comune più commissariato d’Italia. Un palazzo sfasciato dalla politica che non si è dimostrata meritevole della fiducia della gente. Siamo tempestati da manifesti politici di presunti padri cittadini che si dichiarono portatori della volontà popolare per salvare Messina. Diventiamo tutti amici e fratelli, oggetto di molta attenzione, quasi necessari alla buon riuscita della causa Messina. A dire il vero, questi illuminati salvatori, non ci amavano prima del voto, non ci aiuteranno dopo, una volta raggiunto l’obiettivo che li spinge: il potere per il potere. Messina non ha bisogno di nuovi Gandhi nè di professionisti talebani. E a questa città così saccheggiata non servono neppure conclamate cortigiane che si spacciano per eroine. Sono figure misere in un panorama di degrado e corruzione. Come direbbe il cardinale Bagnasco: non c’è un rigore istituzionale degno di questo nome se non ci sono formazioni politiche che lo assumono su di sè, lo interpretano con scrupolo, ciascuna con le proprie sensibilità, ma alla fine su di esso sostanzialmente convergono. In sostanza, va chiesto alla classe politica complessivamente intesa di sfidare i propri vizi storici, mettendo con ciò in riga anche i comportamenti popolari che resistono al cambiamento, come il costume dell’evasione fiscale o quello delle scorciatoie. Ecco il punto: finchè a Messina la politica, il posto in Giunta, la carica di amministratore viene vista solo in funzione della raccomandazione, della mazzetta, del potere per il potere nulla cambierà. Come direbbe un nostro amico prete, citando don Milani, "non c’è nulla che sia più ingiusto che fare parti uguali fra disuguali". pensiamo per un attimo alle varie vicende amministrative che hanno costellato la vita del Comune di Messina. Pensiamo agli scandali, alle spese folli, agli sprechi per arredarsi una stanza o per un viaggio mentra i lavoratori aspettavano lo stipendio. Atm, Ato3, Amam, Servizi Sociali, Messinambiente testimoniano tante di quelle incongruenze che facciamo fatica a comprendere come la magistratura ancora non sia intervenuta per fare chiarezza: chi protegge chi? Finchè a Messina le istituzioni non si dimostreranno libere e trasparenti non ci sarà mai riscatto dalle schiavitù che hanno portato al dissesto la città. Non servono illusionisti nè guerrafondai ma persone capaci di amministrare Messina. Non si deve dare cittadinanza elettorale solo al favore, al posto di lavoro, allo scambio sessuale perchè questo spesso si riduce il fare politica nella città dei cento aspiranti sindaci. Partecipare al voto rappresenta un "dovere irrevocabile" come quello di essere giusti e imparziali nell’amministrare la città. Ogni regola non rispettata oggi è un calcio nel culo domani. Troppi irresponsabili pensano di essere più bravi degli altri nel fregare i messinesi domani!