Forse è la prima volta che provo poco interesse per una campagna elettorale, anche dopo l’annuncio choc di Silvio Berlusconi di abolire l’Imu. Certamente l’abolizione dell’odiata tassa sulla casa suscita un certo fascino, ma sarebbe interessante conoscere realmente che cosa pensano gli italiani; siamo sicuri che l’Imu sia il problema più importante degli italiani? E tutte le altre questioni? Quella giovanile, quale occupazione per loro? E per i giovani che vogliono frequentare le università serie come possono farlo? Con quali soldi possono raggiungerle? La prospettiva di un ragazzo che non abbia alle spalle una famiglia in grado di aiutarlo è sinceramente disperante. Come può pagare un affitto di una stanza, o di una casa, lo studente universitario, il giovane che miracolosamente trova un lavoro lontano dalla propria famiglia? E ammesso che voglia sposarsi come farà? Con quali prospettive future? Per gli over 30, non c’è più neppure la speranza, – leggevo un commento sulla rete – sono davvero la generazione perduta, dimenticata, ignorata. Non fa comodo parlare di loro, e intanto la disperazione sociale cresce e, con essa, tanta rabbia ma un altrettanto ineluttabile senso di impotenza. E dopo i giovani, come si vive la vecchiaia, pensate agli anziani con una pensione sociale di 600 euro al mese come fanno a vivere, se devono pagare l’affitto o la badante che per giunta ora bisogna mettere in regola, pagandogli i contributi (quanta enfasi delle istituzioni). Mentre se scegli l’ospizio o una casa di cura la situazione peggiora, devi pagare almeno 1200 euro al mese.
Alle tante questioni aperte, vorrei aggiungerne un’altra, che mi tocca personalmente, quella della cosiddetta riforma sulle pensioni del governo Monti-Fornero. Non capisco perché in ogni talk show, si parla soltanto di Imu, e tra i più accaniti a parlarne sono i candidati del Pdl, mentre di pensioni niente. Come mai nessuna forza politica promette (neanche quello) di abolire l’odioso arbitrario innalzamento dell’età pensionabile che già aveva iniziato a farlo il governo Berlusconi. Sarebbe interessante conoscere il parere in particolare di quei lavoratori nati nel periodo dal 1953 al 1956, che magari avevano previsto di andare in pensione tra qualche anno e invece grazie alla Fornero dovranno rinviare la loro pensione di almeno sei anni? Conosco già le risposte, non si può fare diversamente, mancano i lavoratori attivi che pagano i contributi, la denatalità, l’innalzamento della vita, tutti mantra che ti sbattono in faccia appena sostieni questo tema. Qualche mese fa ho firmato a scuola una circolare inviata dal ministero per quei dipendenti aventi diritto alla pensione, il documento mi ha colpito perché distinguendo tra l’età pensionabile di vecchiaia (65 anni e sei mesi) e quella di contribuzione (42 anni e sei mesi) quest’ultima eufemisticamente viene chiamata “pensione anticipata”. Ma vi rendete conto, lavorare 42 e sei mesi, per questi signori significa che vai in pensione anticipatamente, ma si son bevuti il cervello. Sento già i commenti degli amici, non è decoroso trattare problemi personali, è una caduta di stile, tu che ti sei sempre occupato dei principi non negoziabili. Sarà anche una critica fondata ma per la verità mi sono un po’ stancato di lottare per “la Patria”, di difendere anche l’indifendibile, per i valori non negoziabili e per quelli negoziabili. Da qualche anno ho letto anche certi libri che alcuni classificano tra quelli che inducono all’antipolitica, come Sanguisughe, Spudorati di Mario Giordano, la celebre Casta, Licenziare i padreterni di Rizzo e Stella, I Faraoni di Aldo Forbice e Giancarlo Mazzuca, Impuniti di Antonello Caporale, Tassati e mazziati di Giuseppe Bortolussi, Le illusioni italiche di Luca Ricolfi, Lo Stato Canaglia di Piero Ostellino e tanto altro, in questi testi si scrivono cose vere che mettono a nudo tutto il sistema politico istituzionale del nostro Paese. Ecco rispetto ai troppi privilegi elencati in questi libri, quello che rivendicano migliaia di lavoratori onesti, che hanno sempre pagato i contributi ogni mese, mi sembrano semplici diritti e non privilegi, come sosteneva qualche anno fa, l’onorevole Casini a proposito dei padri egoisti che vogliono andare in pensione.
Termino con un’ottima sintesi (vi invito a leggerla) dei problemi che attanagliano i poveri italiani, fatta dalla nuovabussolaquotidiana.it: “Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!”, inizia così Daniele Quinto, parafrasando una frase del protagonista del film, “Quinto potere”.
L’attuale dibattito elettorale è completamente privo di ogni sensibilità etica e civile. In televisione gli interventi dei politici sono intrisi di speculazione di bassa lega, si giocano tutte sulla pelle e sulla vita delle persone e innanzitutto sulla loro povertà. Nel senso letterale.
“A un paese depresso e impoverito, schiacciato in una condizione di quasi irreversibilità– che negli ultimi 14 mesi ha visto raddoppiare il numero delle persone che cercano di sopravvivere, diventate 6,2 milioni, con 47 mila famiglie che hanno hanno rinunciato a pagare il mutuo perché non dispongono del denaro necessario, con l’aumento del 23% dei disoccupati che ha portato complessivamente al 37,5% gli inattivi sul totale della forza lavoro, con 200 imprese che falliscono ogni giorno, la crescita del debito pubblico di 153 miliardi e la riduzione del Pil del 2,4% – si propongono solo soluzioni di carattere economico o fiscale”. (Daniele Quinto, Una campagna elettorale fuori del tempo, 14.2.13, lanuovabussolaquotidiana.it)
DOMENICO BONVEGNA