Le vicende Battiato e Zichichi dimostrano che il “Modello Sicilia” più che un modello reale e concreto sai un modello virtuale e immaginario. E’ probabile che proprio tale caratteristica di aleatorietà spinga Crocetta a evocarlo come modello ogni qualvolta ci sia da evidenziare la possibile convivenza politica tra il Pd e il M5S. Se, però, il buongiorno si vede dal mattino, il “Modello Sicilia” non lascia presagire nulla di buono nel caso in cui, dopo le consultazioni, Bersani dovesse decidere di replicarlo a livello nazionale. In tal senso, infatti, non si può non sottolineare come il rimpasto della giunta di governo siciliana avvenga a poco più di cinque mesi dalle elezioni regionali.
Quello siciliano, dunque, è un modello di governo basato più su annunci e proclami che su provvedimenti che tentino di affrontare e risolvere i problemi della gente. Così, se da un lato con la inutile nomina ad assessori di Battiato e Zichichi si è voluto buttare fumo negli occhi dei siciliani, con provvedimenti tipo la trasformazione delle provincie in consorzi, o il posticipo delle elezioni amministrative a giugno, per consentire l’approvazione della nuova legge elettorale che obbliga alla parità di genere nelle preferenze, il rischio è che si operi una forte riduzione della democrazia a favore di un populismo di stampo demagogico che non vede di buon occhio la libertà dei cittadini.
Battiato qualche tempo fa cantava: “Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere di gente infame, che non sa cos’è il pudore, si credono potenti e gli va bene quello che fanno; e tutto gli appartiene. Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!”: ecco, dopo cinque anni di governo Crocetta, cantando Battiato, vorremmo evitare di dover sostituire al nome di “patria” quello di “Sicilia”.
Nicola Currò