Nonostante il non successo delle primarie messinesi di domenica scorsa (12 mila votanti per una comunità che ne sfiora 250 mila), nonostante i non eccelsi esiti delle preferenze (4 mila e rotti voti), l’avvocato Felice Calabrò continua a godere di un largo credito se gli hanno affidato un ambizioso progetto, ovvero amministrare Messina. Su di lui puntano Francantonio Genovese e Gianpiero D’Alia per far ripartire la macchina burocratica di Palazzo Zanca. Ma che ne pensano i cittadini dei progetti di Pd e Udc? Sono davvero pronti a una simile guida? Dubitiamo che tale scelta susciti ampi consensi: Calabrò non è comunicativo anche se lo è di più rispetto a Giuseppre Grioli; Calabrò non dialoga con la gente anche se ha più voti di Francesco Quero, Alessandro Russo e Giacomo D’Arrigo sommati assieme; Calabrò non è innovativo pur potendo contare del sostegno dei giovani del Pd. Il dramma vero però di Calabrò è l’interpretazione del ruolo di primo cittadino. Toccatevi pure, ma con lui a guidare Palazzo Zanca prevediamo disastri anche se la politica dopo un commissariamento dovrebbe significare speranza nel cambiamento. Del resto avendo assistito a qualche dibattito tra i vari pretendenti al Comune abbiamo purtroppo compreso che pochi di loro hanno ben chiara la situazione – neppure i rivoluzionari – se invece di far conoscere ai cittadini la ricetta giusta hanno preferito mettere in vetrina premi letterari, feste in disco e veline. Ecco perché invitiamo Genovese e D’Alia a rivedere certe posizioni di Calabrò: un corso serale dove si studia come amministrare una città, non sarebbe una cattiva idea! Certo, le regole di Palazzo Zanca impongono l’obbligo della clausola voce-volto e bisogna quindi sforzarsi di non sentire certe cavolate politico – espressive del baldanzoso candidato. Ecco perché sosteniamo che è la recitazione nel suo insieme che lascia perplessi, soprattutto quando rilascia le interviste e nessuno le rivede: i numeri son numeri e non si possono mascherare gli insuccessi come trionfi! Però, come detto, la politica deve vendere ottimismo e i velinari del SISTEMA si adeguano. Ne viene camuffata non solo la realtà ma anche l’immagine dello stesso Calabrò. Più che rendere un favore all’amico candidato si trasmette quell’odore di muffa che si stende su ogni cosa, dal progetto alle alleanze, e rischia di invalidare ogni più nobile intenzione di Genovese e D’Alia.