Esiste un caso Francantonio Genovese? Probabilmente no. Esiste invece una mancanza di libertà di scelta dei messinesi che è cosa diversa dal peccato originale che qualcuno vorrebbe addebitare a Felice Calabrò per provare a far vincere al ballottaggio Renato Accorinti. Se un momento così delicato per la città di Messina si trasforma in una sorta di referendum "Genovese sì, Genovese no" vuol dire che non abbiamo compreso davvero la gravità del problema e dunque se ne deduce che la colpa è nostra. Palazzo Zanca è senza risorse, l’economia è al minimo sindacale, la comunità soffre la fame e si continua a fare demagogia. Eppure il siparietto grottesco della compagnia di giro che ha puntato sul razzismo verso chi vota il candidato di Genovese ha calamitato molte attenzioni sul web. Si sa che l’orrido attrae, che l’avanspettacolo mescolato da pettegolezzi giudiziari ha ancora più gusto se il potente è potente. Eppure Genovese non è quel pezzo di fango che ci vogliono far credere ma neanche un santo perché altrimenti non sarebbe di carne e difetti. Genovese è esattamente quel che ci meritiamo un po’ tutti: comandante, stratega, democristiano con tanti cinismo. E ha quel sorriso che ti fa pensare: questo ci vuole prendere in castagna. Ma se Francantonio Genovese tiene casa e bottega nei Palazzi un motivo ci sarà o l’abbiamo scoperto solo ora che ha negato qualche favore di troppo? Perché molti di quelli che oggi spingono Accorinti stavano con lui nel 2005 e da lui dipendevano come figli di una stessa mamma. Hanno chiesto favori, hanno ricevuto cortesie e pure incarichi ma oggi puntano il dito verso il benefattore di tante pietanze. Ai messinesi che devono scegliere tra Accorinti e Calabrò non spiegano il programma bensì il dramma: occhio che vince Genovese. Attenti che ci comanderà Genovese! Mancando di rispetto all’uomo Calabrò loro che della solidarietà e della tolleranza ne fanno un vanto. Ma non sono né pacifisti, né pieni d’amore verso il diverso. Perché Felice Calabrò è un diverso candidato rispetto al profeta No Ponte. E da persona diversa va rispettata o l’essere e l’apparire sono dettagli nella filosofia di Accorinti? La trama di questa elezione messinese è sempre quella: agitare l’animo popolare per suscitare odio, vendetta, dolore. Si chiede all’elettore di uccidere nell’urna la figura di Genovese per vendicarsi di navi e ricchezza quasi fosse una colpa non essere povero. Non c’è un briciolo di saggezza nella scelta della cattiveria semmai pochezza di sensibilità d’animo. Ecco la miseria che ci appare nelle forme più meschine: odiare il tuo nemico fino alla morte. Genovese oggi per i fedelissimi di Accorinti è un nemico da abbattere e non si faranno prigionieri. Ringrazio il Signore di non essere come loro: si colorano di arancione ma sono neri come la notte. Ogni volta che vedo Calabrò sui manifesti penso che non sarà simpatico ma sono curioso di capire come amministrerà Messina. Quando osservo invece Accorinti mi vengono tanti dubbi: ma come farà a guidare il Comune un uomo cresciuto nel No?