Preg.mo Direttore,
circa dieci anni fa, avevo riabbracciato il percorso politico di Francantonio Genovese. Il quasi trentennale rapporto di amicizia personale è sempre rimasto saldo, solido, intenso. Dopo dieci anni le strade dell’impegno nella polis se non divise … certamente si sono diversificate. Aggiungo "allo stato" perché non mi appartiene "il mai" come categoria del pensiero. Diversi sono gli errori che mi vengono rimproverati. Alcuni li riconosco. Diversi sono gli errori che gli imputo. Spero che qualcuno lo riconosca … perché nei momenti che contano … la conta non è sufficiente … anche quando si conta sino a ventimila. Li elenco per "nome e cognome". Nomi e cognomi che avrebbero dovuto avere altra considerazione, altra opportunità, altra voce in capitolo. Non mi riferisco alla Margherita o al PD ma a quei fili invisibili che legano persone, storie e itinerari.
1) PIPPO RAO. Pippo rappresenta, per molti, la quintessenza del centro-sinistra messinese. La sua lealtà è incondizionata. Avrebbe dovuto fare il deputato e invece …
2) LORIS FOTI. Loris, soprattutto nei venti mesi di sindacatura Genovese, aveva svolto in aula un lavoro straordinario. Nel 2008 non è stato rieletto consigliere comunale. Perché preferire chi "opera nel territorio" a chi da senso alla rappresentanza istituzionale? Perché premiare chi non contribuisce a fare riconoscere il partito come alternativa credibile quando si è alla opposizione e come conferma di responsabilità quando si è in maggioranza?
3) GIACOMO CACI. Giacomo, non doveva essere messo in condizione di allontanarsi. Andato via Giacomo si è dato il la a ingressi ed esodi attraverso "porte girevoli". Tutti quantificabili. Tutti sostituibili. E … non è così … nè per sentimento, nè per ragione.
4) ANTONIO CATALIOTO, GIUSEPPE MORANO, FRANCESCO BARBALACE. Antonio, Pippo e Ciccillo si erano avvicinati ciascuno facendo confluire rispettivamente le esperienze di Udeur, Nuova Sicilia e Circoli Socialisti. Che motivo c’era per accoglierli così freddamente e per sacrificarli così inutilmente?
5) GIOVANNI FRAZZICA. Giovanni da segretario del Partito Popolare Italiano aveva schiuso l’uscio per un orizzonte partitico e politico. Sapeva che la casa sarebbe stata "democraticamente" occupata, ristrutturata, potenziata, valorizzata. Non sapeva che sarebbe stato chiuso nello sgabuzzino.
6) DOMENICO BATTAGLIA e SALVATORE LA MACCHIA. Mimmo e Salvatore erano stati due ottimi sindaci a San Piero Patti e Villafranca. Perché soffocare una vocazione di impegno a contatto con la comunità dentro ruoli – anche se importanti – da grigi burocrati. Perché non servirsi delle antenne di chi conosce e comprende il bisogno di servizi richiesti alla P.A. da donne, uomini, famiglie, associazioni, imprese?
7) BIAGIO GUGLIOTTA. Biagio prima ancora che consigliere provinciale aveva conoscenza della macchina regionale. Una "confidenza" con dirigenti e funzionari maturata dai tempi della collaborazione con Pippo D’Andrea. In fondo, in fondo cosa chiedeva Biagio? Posso restare sempre in coda rispetto all’ultimo arrivato?
8) FRANCO PROVIDENTI, LUIGI BENINATI e i protagonisti della stagione di "primavera messinese". Franco, Luigi & c. consentivano di ricollegarci idealmente con una precedente sindacatura di centro-sinistra partorita dalla simbiotica "Unione" di istanze popolari, liberali, repubblicane, riformiste generate in partiti, movimenti civici, espressioni di società civile. Che male c’era?
9) FRANCESCO FEDERICO GALLO. Francesco, forse, non era il più indicato per ricoprire la veste di segretario provinciale del partito. Perché, tuttavia, silurarlo per una avviso di garanzia per una vicenda non connessa alla delega assessoriale ma a un incarico di quindici anni prima quando ancora giovane professionista aveva ricevuto fiducia per attività di consulenza? E soprattutto perché imborghesìre una verve linguistica e argomentativa rara nel panorama messinese? E … ho detto tutto.
10) Il decimo lo ometto. Lo sottintendo.
Ho voluto ricordare (tanti altri ce ne sarebbero anche tra chi resta in amara solitudine e prende batoste giornalmente … Arturo, Luciana, Vincenzo etc. … etc. …) perché simbolicamente accomunati – sia pur con sfumature e connotazioni distinte – dallo stesso comune denominatore MEMORIA. "La lotta dell’uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l’oblio" (Milan Kundera). L’affermazione di questa memoria ha visto mortificati tutti coloro -scherniti da "giannizzeri" e "capi-elettori" e "nuovisti" – che rivendicavano un partito ove la discussione e l’elaborazione, la critica e la proposta, la competenza e la professionalità, veniva sacrificata sull’altare degli equilibri e delle paturnie di segreteria. Molti sono quelli che chiedevano a Francantonio di non restare ostaggio dei "tiratori di giacchetta", di librarsi e volare altissimo, di aprire alla competizione interna e alla convocazione esterna, di assecondare la magia della partecipazione, di migliorare la organizzazione e al contempo di credere nella "forza della opinione", di puntare sulla formazione e selezione della classe dirigente, di spostare il baricentro della sua riflessione e azione politica su Roma, di scommettere sul mondo della comunità scientifica, delle professioni, delle categorie economiche, del sociale, dei primi nel merito e degli ultimi nel bisogno, di essere punto di riferimento di una città (meglio di una regione) da affrancare, riscattare, rilanciare, di coltivare l’ambizione di scrivere una pagina indelebile.
E … a proposito di memoria … rammento che anche a Dicembre del 2005 la città di Messina di riversò in piazza. Era diverso (migliore) perché allora si esprimeva davvero solo pensiero positivo, voglia di innovazione e cambiamento, adrenalina, speranza. Ora mi sembra un po’ tutto imbastardito con punte di rottura, rancore, odio, vendetta che sono altro rispetto alla legittima indignazione. Ho votato Renato … ma non esulto. Nasco e muoio democristiano.
Emilio Fragale