Era stata preannunciata come un’assemblea tra le più infuocate, dove, oltre a tirare le somme di un voto che non è andato come si sperava, gli stracci e i coltelli sarebbero volati con molta facilità. La sensazione invece che ha colto chi giungeva nell’atrio del teatro di Cristo re è stata quella di una diffusa allegria tra i delegati, allegria che faceva pensare a un partito tutt’altro che beffardamente sconfitto nella corsa a sindaco della città di Messina. Buon per loro vien da dire, lo svolgimento dell’assemblea però è stato di tutt’altro tenore: una pippa assoluta! Più di cinque noiose e soporifere ore dove si è fatto a gara per ribadire l’ovvio, con le uniche eccezioni rappresentate dagli interventi di Francantonio Genovese e di Liliana Modica. Rispetto all’intervento di quest’ultima, parafando una famosa canzone di Califano, si può dire: Solo Liliana Modica, tutto il resto è noia! Le cinque lunghe ore sono iniziate con una lettera scritta da Grioli, con annessa richiesta di convocazione dell’assemblea cittadina, e con le dichiarazioni di Patrizio Marino il quale, oltre a spiegare i motivi che lo hanno indotto a impegnarsi nella campagna elettorale, ha ribadito che lui non intende «fare da capro espiatorio» e che se è vero che «quando si perde, perde solo uno, mentre quando si vince si vince tutti» è anche vero che il suo, a conti fatti e visti i risultati ottenuti dalle liste riconducibili al Pd, «è stato un buon lavoro».
L’intervento più scoppiettante, come si è detto, più volte interrotto dagli applausi della sala, è stato quello di Liliana Modica, alla quale tutto si può dire tranne che abbia mancato di chiarezza. «Noi le elezioni le abbiamo perse», ha esordito la Modica interrotta dagli applausi. «Vorrei una macchina del tempo – ha proseguito – per tornare a quel pomeriggio quando in un documento scritto assieme a Raffaele Verso ed altri amici speravamo di convincere tutti voi a prendere atto che la realtà anche a Messina era cambiata, che il voto grillino indicava un avanzata pericolosa dell’antipolitica che andava analizzata per evitare che travolgesse anche noi. In quell’occasione purtroppo si decise di proseguire nel cammino delle primarie che sono state l’origine dei nostri guai: questo e stato l’errore più grosso fatto dal nostro partito. Il giorno dopo le primarie infatti sono cominciati i distinguo da parte di coloro che le hanno perse con la conseguenza che ognuno si è messo a fare campagna elettorale in proprio. Qualche altro amico, mi riferisco ai Renziani, si è intestardito, a torto o a ragione, a voler fare per forza il presidente di quartiere: ora, in un partito esiste una maggioranza e una minoranza, la politica è mediazione e poiché so per certo che sono stati offerti ruoli diversi da quelli richiesti, anche più prestigiosi, il vostro intestardirvi mi è sembrato strumentale e teso a perseguire lo scontro. Voglio dirvi che il partito si rinnova nelle sedi opportune e non attraverso la stampa, avete usato le primarie per trasformare il partito in uno spazio politico sfruttato per tornaconti personali. A me non interessano regole o norme di statuto, perché sono convinta che ci siano valori e principi che non si possono disattendere». È stato al pronunciare di queste parole che Quero, perdendo la pazienza, si è alzato dalla propria sedia iniziando a inveire contro la Modica, urlandole contro che le assemblee non sono mai state convocate e che pertanto lui non ha potuto avanzare le proprie proposte. Il battibecco stava per sfociare in rissa, ma poi gli animi si sono calmati e gli interventi che si sono susseguiti sono rientrati tutti nella norma. Attenzione e silenzio è calato sulla platea quando ha preso la parola l’on. Genovese il quale, lungi dall’esprimere astio o rancore rispetto ai continui attacchi subiti, si è mostrato calmo e sereno ed ha respinto al mittente le accuse di incarnare una questione morale: «Non vi è nessuna questione morale in atto, c’è solo la proroga di un’indagine rispetto alla quale sono assolutamente sereno. Non ho nulla da nascondere e chiarirò nelle sedi opportune ciò che c’è da chiarire, con la certezza che tutto si risolverà positivamente. A ognuno di voi però chiedo, anche da questo punto di vista, di recuperare serenità d’animo». Per quanto riguarda il partito e il risultato elettorale Genovese ha chiarito che in discussione vi è solo la reggenza e non il commissariamento ed ha introdotto elementi di novità che non mancheranno di far storcere il naso a qualcuno: «Oggi tutti abbiamo il desiderio di avere un partito sano e forte, dobbiamo recuperare il senso dello stare insieme per fare in modo che in città e in provincia si possano meglio curare e impegnare le risorse che abbiamo a disposizione. Il partito da oggi in poi deve essere orientato più alla società che all’apparato burocratico, ci vuole anche una crescita intellettuale che permetta di superare stereotipi che ancora ai nostri giorni ci ancorano al passato. Nel prossimo futuro mi spenderò perché in questo partito vadano avanti volti nuovi e affinché si chiuda con l’attuale classe dirigente». L’atteso intervento di Quero ha invece deluso le aspettative. L’esponente renziano oltre a chiedere scusa per la reazione avuta nei confronti di Liliana Modica non ha detto molto altro. «Da parte del partito non abbiamo avuto – ha spiegato Quero – lo spazio per avanzare le nostre ragioni, le decisioni sulle candidature al IV e V quartiere le abbiamo apprese dalla stampa, così come nessuna notifica e replica ci è stata possibile rispetto ai numerosi esponenti del centrodestra candidati nelle nostre liste». Rispetto alle accuse di tradimento, Quero si è detto dispiaciuto del fatto che le sue scelte abbiano potuto creare pesanti attriti, «noi però siamo stati mortificati nella nostra dignità di militanti e di tesserati di questo partito che abbiamo contribuito a fondare». Quanto le parole di Quero serviranno a scrollargli di dosso l’accusa di aver portato acqua nel mulino dell’avversario non è dato sapere, però rappresentano un primo passo verso l’ammissione di colpe forse davvero generate da una mancanza di dialettica all’interno del partito. L’assemblea si è conclusa con l’intervento del segretario regionale Giuseppe Lupo che ha assunto su si sé la reggenza del partito sino al congresso e facendo presente che «nell’attuale momento storico siamo tutti siamo dimissionari e il percorso intrapreso a Messina non rappresenta un’eccezione considerato che in molte altre realtà si è avviato un percorso di reggenza esterna. Il congresso sarà un’occasione straordinaria per creare le condizioni per un rilancio del partito a Messina come in tutte le altre città. In questo frangente di grande confusione è comunque importante che il partito ci sia e sia presente».
Di contenuti e proposte alla città ovviamente neanche a parlarne. Forse la Direzione provinciale non era nemmeno il luogo adatto per farlo, ma se i presupposti di un partito che intende rifondarsi sono quelli espressi ieri, allora possiamo stare tutt’altro che tranquilli: i giorni bui devono ancora venire! Speriamo almeno che Renzi abbia le idee un po’ chiare e che nella corsa alla segreteria del partito non finisca per prevalere Civati.
Nicola Currò
nicola.curro@yahoo.it