Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a un disegno di legge “omnibus” che prevede, tra le altre cose, la riorganizzazione delle professioni sanitarie. Se l’iter parlamentare non modificherà il testo, il ddl darà una nuova regolamentazione a 600.000 professionisti della salute non inquadrati in un ordine: infermieri, ostetriche, tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (in cui rientreranno anche gli assistenti sanitari). Tutte professioni che oggi hanno proprie associazioni private che le rappresentano, e che diventando ordini saranno organi sussidiari dello Stato, dotati di autonomia patrimoniale, finanziaria, regolamentare e disciplinare ai quali -e qui sta un fatto “importante”- non si estendono le norme di contenimento della spesa pubblica (spending review). Saranno vigilati dal ministero, avranno i loro albi, e articolati a livello territoriale e nazionale. Insomma, ordini professionali come quelli dei giornalisti, dei medici, degli ingegneri, etc.. Professioni, quindi, che non risponderanno al mercato e alle singole capacità ma alle disposizioni decise dall’alto e che saranno -ufficialmente- una tutela della professionalità per gli utenti dei servizi, ma di fatto un sistema di controllo e imposizione per chiunque, avendone le qualità e i titoli professionali, voglia esercitare una di queste specifiche attività. In un contesto economico e politico -come ci dicono in tanti, incluso il presidente del Consiglio, Enrico Letta- che va verso le liberalizzazioni, la blindatura di ulteriori professionalità alle disposizioni centrali, scollegandole da un contesto complessivo di “spending review”, sottoponendole ad una visione e un intervento statale piuttosto che alle singole capacità di essere sul mercato, ci sembra espressione di una tutela schizoide e corporativa degna dei più autorevoli sistemi statalisti che alimentano povertà, crisi, clientelismo e demotivazioni. Non crediamo che il Parlamento interverrà in modo pesante contro questo ddl, poichè non ci sembra ci siano, al di là di singole e sparute individualità, raggruppamenti che, nella loro azione istituzionale, tendano al libero mercato, oltre che a dirlo in pubblico. Ma è bene che, chi con noi ha a cuore la libertà economica come motore di rinascita e di felicità per i singoli, vi ponga attenzione: i nuovi disastri che avranno origine da queste scelte, forse un domani potranno servire a non ulteriormente replicare nella difesa delle corporazioni.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc