POLITICA E RELIGIONE DOPO IL BERLUSCONISMO

Mi ha particolarmente colpito una frase del nuovo Papa Francesco in una recente intervista a “Civiltà Cattolica”, riportata da alcuni giornali, che parla della Chiesa come “un ospedale da campo dopo una battaglia”, dove la prima cosa da fare è quella di “curare i feriti”. Il che mi fa pensare che anche il Papa consideri questo mondo come un campo di battaglia, o una “valle di lacrime” se preferite, ove si combatte gli uni contro gli altri (del resto la Storia insegna che è sempre stato così) senza venir mai a capo di nulla, in una spirale convulsa e perversa, dove gli unici benpensanti (mi vien da pensare al “monachesimo” del Medioevo) non possono far altro che astenersi dal combattere e limitarsi a curare le ferite e lenire le sofferenze dei contendenti, siano essi vinti o vincitori. La similitudine evocata dal Papa è quanto mai attuale oggi, in un mondo globalizzato ove prevalgono arrivismo, individualismo, competitività esasperata, prepotenza, violenza, odio e sopruso, compresa la nostra Italietta con tutti i suoi “peccati”: egoismi, avidità, invidie, rancori, polemiche astiose, conflittualità, ambiguità, doppiezze, slealtà e menzogne – per dirla con un termine omnicomprensivo la sua “cattiveria” – nella politica e nella società. Per guarire da questi mali bisognerebbe aderire integralmente allo spirito del Cristianesimo, cosa che non mi sembra abbia fatto neanche la Chiesa negli ultimi tempi, soprattutto nei suoi rapporti con il potere politico dominante. Ora con l’uscita (ma sarà proprio vero?) di Berlusconi dalla scena politica e con l’avvento della “nuova gestione” nella Chiesa Cattolica sembra che spiri finalmente un’aria fresca di rinnovamento e di distensione anche da noi: mi auguro che non sia solo un’illusione effimera ma che tale clima ispirato alla solidarietà e alla collaborazione possa instaurarsi nel prossimo futuro anche in Politica, attenuando le contrapposizioni e moderando i toni della dialettica democratica per dare quei frutti che in altre nazioni “civili” sono già maturati da tempo.

Giovanni Dotti