Nel precedente intervento, auspicavo, dopo il giusto dolore per la strage di eritrei e somali a Lampedusa, un’azione attenta di conoscenza della questione immigrazione per evitare reazioni emotive. Pertanto la prima cosa da fare è studiare bene il problema. Il professore Massimo Introvigne è un esperto sociologo che oltre a studiare le Religioni si occupa anche di queste questioni. Avvalendomi del suo testo “Islam. Che cosa sta succedendo?” , della Sugarcoedizioni, Introvigne raccomanda di saper leggere bene i numeri dell’immigrazione, per non sbagliare previsioni. E cita Michele Tribalat, una che li ha letti bene, e che ha scritto un ottimo testo, “Les Yeux grands fermes. L’immigration en France”, (“A occhi ben chiusi. L’immigrazione in Francia”, Denoel, Parigi 2010). Un libro che purtroppo rischia di non essere letto da nessuno secondo Introvigne. Tribolat avendo lavorato per molti anni negli uffici statistici francesi, presenta ricerche originali, ma con un gergo specialistico. “E’ un peccato, perché i dati che la Tribolat presenta sono tali da indurre a ripensare l’intera questione dell’immigrazione”. In pratica l’esperta francese sostiene che “da almeno quindici anni molti dati offerti al pubblico francese sull’immigrazione sono falsi”. La Tribolat, incalza: “La falsificazione non è il risultato di errori: è deliberata – talora perfino imposta per legge – e ha lo scopo di evitare che l’opinione pubblica francese si allarmi per il numero troppo alto degli immigrati e diventi ‘razzista’”. Esiste un’ossessione anti-razzista, che ha permesso a qualcuno di mentire ai francesi, una specie di “menzogna sedicente pedagogica, che dovrebbe appunto evitare il diffondersi di tesi razziste e imporre ‘il dogma di una visione necessariamente positiva dell’immigrazione’”.Si arriva al punto che l’immigrazione viene sacralizzata e a nessuno è permesso di dissentire, e neanche fare dibattiti ragionevoli. L’esperta francese ha iniziata a porre una domanda semplice: “quanti immigrati arrivano ogni anno in Francia?” E qui in pratica le statistiche sono state manipolate.
Intanto la Tribolat smonta qualche luogo comune come il fatto che l’immigrato non viene più in Francia per cercare lavoro, il 63% a partire del 2006 entra per ricongiungimento familiare. Altro luogo comune smontato è che “l’immigrazione è necessaria all’economia europea”, che, “gli immigrati risolvono i problemi pensionistici causati dalla denatalità e ‘fanno lavori che nessun europeo vuole fare’”. Comunque sia esistono ricerche che mostrano che in economia non esistono regole o teoremi validi riguardo all’immigrazione europea. Un dato è certo, la mano d’opera poco qualificata è nociva all’economia: gli immigrati spesso fanno lavori a prezzi stracciati, alterando il mercato del lavoro, in particolare, a danno dei cittadini non immigrati più poveri, e poi tra l’altro pagano contributi pensionistici modesti. Certo può capitare anche mano d’opera qualificata tra gli immigrati, ma dal punto di vista morale, bisogna ammettere però che questo è devastante per i Paesi d’origine. La Tribolat, è stata accusata di “fanatismo demografico”, e di essere “malata”, quando ha proposto di misurare la popolazione complessiva che origina direttamente o indirettamente da fenomeni d’immigrazione. Certo se fosse vero che certe città francesi, un terzo della popolazione è composta da immigrati, l’impatto sull’opinione pubblica sarebbe devastante. Gli studi dell’esperta francese, che non cita quasi mai l’Italia, potrebbero essere utili anche per il nostro Paese, “ce n’è abbastanza per importare anche da noi un sano realismo che induca a diffidare di statistiche, quando si tratta d’immigrazione, troppo spesso riviste al ribasso o edulcorate”. C’è una corrente di pensiero diffusa nella cultura europea, alimentata dai media di ogni specie, che ha permesso di sottovalutare il fenomeno, mi riferisco all’immigrazionismo, una subdola ideologia. Il professore Introvigne della propaganda immigrazionista, individua cinque tesi che analizza e confuta. La 1° tesi è quella di carattere quantitativo: gli immigrati sono ancora una minoranza, è inutile allarmarsi, c’è posto per tutti. Sono ragionamenti che emergono negli ambienti della Caritas/Migrantes, che producono utili rapporti annuali, ma spesso con commenti immigrazionisti. Secondo Introvigne questi ragionano come se sono di fronte a una fotografia, invece l’”immigrazione è un processo – scrive Introvigne – e dunque è necessario guardare non alla fotografia o al singolo fotogramma ma la film”. Ogni anno gli immigrati aumentano a un ritmo vertiginoso, vogliamo arrivare come in Olanda? Su tredici milioni di residenti, oltre tre sono immigrati extra-comunitari. O in Svezia su nove milioni, quasi due sono immigrati. Sono dati che conoscono anche gli immigrazionisti, ma ci invitano a fare un duplice atto di fede: in futuro ci saranno meno immigrati e che quelli presenti o in arrivo nel nostro continente faranno sempre meno figli. Mi sembra un ottimismo fuori luogo. La 2° tesi è che accogliere grandi quantità d’immigrati è un imperativo morale. Lo sostengono politici di sinistra, ma a volte anche di destra, che intendono in questo modo, risolvere i problemi della fame del mondo e del sottosviluppo. Per l’Europa è una specie di contributo morale obbligatorio, una “penitenza per i peccati del colonialismo”. “Ma, a prescindere dal fatto che presentare il colonialismo come soltanto dannoso e malvagio è piuttosto unilaterale e storicamente discutibile, non c’è nessuna prova convincente che sia meno costoso per l’Europa e più proficuo per il Terzo Mondo trasferire da noi milioni d’immigrati extra-comunitari piuttosto che destinare le stesse risorse ad aiutarli nei loro Paesi d’origine”. Un argomento etico usato molto in Italia, è quello dell’asilo politico, così chiunque non si trovi bene in un Paese non democratico, o vittima di gravi sperequazioni economiche, avrebbe diritto all’asilo politico, praticamente, scrive Introvigne, “la stragrande maggioranza degli abitanti del Terzo Mondo avrebbe questo diritto”. Invece c’è un argomento etico contrario per opporsi all’immigrazionismo: “fondato sul rispetto dei diritti delle maggioranze, non meno importanti di quelli delle minoranze”. Peraltro la maggior parte dei cittadini dell’Unione Europea nei sondaggi e anche nelle elezioni si dichiara contraria ai progetti immigrazionisti. Recentemente in Norvegia, il partito conservatore della signora Erna Solberg ha stravinto le elezioni. Pertanto bisogna tenere conto della volontà popolare oppure no? Il 3° argomento degli immigrazionisti è di tipo economico. Si dice che l’Europa, a causa della denatalità, ha bisogno d’immigrati, non importa da dove, e in ogni caso ci sono “lavori che nessun europeo vuole fare”, che possono essere svolti dagli immigrati. E’ vero l’Europa ha un drammatico problema demografico, ormai siamo una civiltà moribonda. Ma non c’è la certezza che l’aumento indiscriminato degli immigrati sia la soluzione. Il 4° argomento è quello sociale. Il welfare europeo è in profonda crisi, perché ci sono troppi vecchi pensionati e pochi giovani che pagano i loro contributi agli enti previdenziali. Così i teorici immigrazionisti pensano che gli immigrati extra-comunitari possono risolvere il problema. Ma sono pie illusioni perché solitamente gli immigrati hanno lavori poco remunerati, quindi pagano contributi relativamente bassi. Il 5° argomento sostenuto dagli immigrazionisti è la tesi che la religione degli immigrati sia indifferente. Chiunque sa che la religione ha delle conseguenze sociali, un conto sono i peruviani che portano per le strade in processione la statua della Madonna e un conto sono i musulmani che magari mescolano alle loro preghiere invettive contro gli USA e l’Occidente. Mi fermo so benissimo che il tema ha bisogno di ulteriori approfondimenti, sarà per un’altra occasione.
DOMENICO BONVEGNA
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