Siamo diventati una città di intolleranti. O forse lo siamo sempre stati e finora ci siamo nascosti dietro l’immagine consolante dei messinesi accoglienti e solidali. Poi, una volta che qualcuno s’è espresso in senso contrario senza ricevere sanzioni o pomodori in faccia, s’è aperto il vaso di Pandora per cui ora tutto sembra lecito, soprattutto quando l’esempio verbale viene dai piani alti. Messina ama i bugiardi e non i sinceri. Messina ama chi la sfrutta e odia chi ricerca la verità. Messina è ultima nelle classifiche ma combatte chi vuole farle risalire le classifiche. E così la Messina che si offende per gli stereotipi in stile spaghetti&mafia parte lancia in resta perché ciò che funziona venga rottamato: i più bravi sono bene accolti se – e solo – fanno da colf e badanti per le cosiddette “famiglie disgregate” senza accampare altri diritti (assunzioni, posti di ricerca, diritto allo studio, merito). E se anche lo sport, una volta palestra di sacrificio, è un modo come un altro per mostrare l’arroganza dei somari sui più bravi, che altro resta ai poveri figli di una città saccheggiata e derisa? E allora, se tutti i nostri capoccia sono intolleranti, voglio scrivere nel mio piccolo anch’io la mia lista di intolleranze personali. Giocoforza provvisoria e molto variegata.
Sono intollerante ai razzisti in giacca blu e ai professorini specialmente quando si spacciano per persone radicate nel territorio, che conoscono l’umore e i sentimenti della “propria gente” e sanno che il problema è sempre un altro e l’altro è sempre un pericolo.
Sono intollerante a quelli che parlano di professionalità e merito e poi usano la propria posizione per mettere in ginocchio una comunità, una generazione.
Sono intollerante ai raccomandati cronici che grazie alle virtù del padre o della madre, del marito o della moglie, oggi sono degli abusivi nei ruoli che ricoprono ma ciononostante si credono dei geni.
Sono intollerante alle figure in poltrona e ancor di più alle donne dei potenti e ancor più se hanno al guinzaglio un cane agghindato come una bambola di Natale.
Sono intollerante a tutti quelli che fanno la parte degli educatori ma non hanno mai visto una periferia neanche in cartolina e parlano di sport come cura per il sociale ma poi pretendono 45 euro a ragazzino/a per far funzionare il “centro d’avviamento alla disciplina sportiva” nella zona a rischio.
Sono intollerante alle rivoluzioni di carnevale, ai falsi profeti e a tutti quelli che pensano di poter garantire la sicurezza di ragazze e vecchiette armandosi di uno slogan al peperoncino mentre gli ultimi muoiono di fame perché i servizi sociali vengono gestiti in maniera poco trasparente per favorire l’amico di turno.
Sono intollerante ai paladini del territorio, della cultura, dell’ambiente, che rifiutano di consegnare ai cittadini più bravi le poltrone abusivamente occupate adducendo a pretesto l’obiezione di coscienza.
Sono intollerante al padre di famiglia che, sotto la parvenza del bravo ragazzo, quando è lontano dall’adorata mogliettina – complice una competizione sportiva – passato davanti a una prostituta cinese ci va a letto. E poi lo sbandiera a tutti i compagni!
Sono intollerante a tutti coloro che in questa città più che metterci la faccia mostrano il lato B salvo poi dirsi seguaci di nostro Signore alla prima sventura.