Litigate pure, arrivate anche a tirarvi i piatti addosso. Ma mai finire la giornata senza fare la pace. Parafrasando Papa Francesco il gesto eclatante del sindaco di Messina, Renato Accorinti, che ha diviso in due una comunità ci consola degli incubi economici – amministrativi, anche “noi possiamo – dopo aver tanto litigato – fare la pace”. Solo che mentre Papa Francesco vola alto e Accorinti lancia il guanto solitario di sfida, che con i prodromi di chi di fatto amministra la città ha pur sempre il fascino del salto nel vuoto, il nostro “ fare la pace” è più sconsolato, vagamente rassegnato, leggermente malinconico come l’autunno: Messina è sotto scacco per colpa della guerra nella stanza dei bottoni, solo che il sindaco non ha capito nulla. Parla di pace nel mondo e svirgola sulla sua città. Sì, anche noi (forse) possiamo: possiamo andare a manifestare per la pace senza per questo offendere i caduti in guerra. Si può essere pacifisti senza per questo ambire alle prime pagine dei giornali. Possiamo compiere questo gesto che una volta poteva essere entusiasmante – ripetiamo a noi stessi come un mantra mentre ascoltiamo con senso di straniamento e indignazione crescente i tifosi del guerrafondaio pacifista Accorinti che pontificano sul gesto del 4 novembre – anche se siamo pieni di dubbi, incerti, indignati, cinicamente divertiti e sostanzialmente disincantati di fronte alla caduta del cerimoniale e alla prospettiva di essere amministrati da uno che non segue un filo logico ma solo il suo istinto. Andare a votare o tenersi Accorinti? I dubbi sono tanti, come sfuggire? Quelli che accorintiani non sono mai stati ma mai furono o saranno berlusconiani. Quelli che rivoluzionari vorrebbero esserlo ma poi vedono tutta quella gente che casca sempre in piedi – anche con l’Amministrazione Accorinti – e allora pensano che la Rivoluzione dal basso non potrà essere pasta per i loro denti. Quelli che sono di sinistra ma non sanno esattamente di quale e così guardano al nuovo corso con una certa curiosità, non nascondono l’ammirazione per il gesto forte di Renatino ma poi pensano a Signorino o a Mantineo e tornano a deprimersi ancora un po’. Quelli che non sanno più se l’antiberlusconismo riuscirà a mobilitarli e soprattutto a dar loro la forza e il coraggio di uscire di casa e rinnovare il voto a una lista bloccata e decisa dall’alto. Con o senza Angelino Alfano. Quelli che non hanno partito, perché in fondo vorrebbero un partito eco-radical-kommunist che non c’è. Quelli che sanno che alla fine, nonostante la delusione, prevarranno in loro il sentimento di responsabilità, il senso civico e civile, la volontà di provare ancora una volta dare il proprio contributo esprimendo un voto – “l’ultima, questa è l’ultima”, diranno fra sé e sé per mascherare l’indignazione. “Litigate pure, arrivate anche a tirarvi i piatti addosso. Ma mai finire la giornata senza fare la pace”. C’era anche un’altra espressione, bella: “Noi abbiamo un sogno”. Ma per quella bisognerà aspettare il prossimo giro.