Tutti dicono di voler cambiare l’Italia e molti lo dicono in buona fede, ma quasi tutti non considerano l’aspetto culturale di questo cambiamento, cioè il rapporto individuale che ognuno ha verso le istituzioni, spesso considerate un orpello da aggirare piuttosto che il punto fisso di riferimento. Racconto cosa mi è accaduto ieri.
Mio nipote vive e lavora in Spagna, è cittadino italiano e da lì col suo passaporto ha la bella abitudine di partire e viaggiare per conoscere il mondo. E’ venuto a salutarmi e mi ha raccontato che, arrivato in aeroporto, avendo perso la carta di identità che abitualmente utilizzava, ha mostrato il passaporto alla polizia di frontiera che, però, gli faceva notare che, dopo l’emissione del documento, non aveva mai pagato il bollo annuale. Ammesso che non lo sapeva e che era sempre partito dalla Spagna per i suoi viaggi e mai gli era stato fatto notare, gli è stato detto: “è solo una questione italiana, che agli altri Paesi non interessa; dovremmo farle pagare, tra multa e bollo evaso, circa 150 euro per ogni anno (cinque), ma se si impegna a mettersi in regola, la facciamo andare”. E’ andato, senza pagare… Recatosi in Questura per regolarizzarsi, gli hanno detto che non gli conveniva economicamente, e che spendeva molto meno se faceva una denuncia di smarrimento del passaporto e ne chiedeva un altro nuovo. Il nipote è andato a rifarsi la carta di identità che, da oggi, sarà l’unico documento che utilizzera’ quando rientra nel suo Paese, visto che per i viaggi extra-Ue parte sempre dalla Spagna. Da questo racconto si evince che, non essendo un caso isolato (non è stato il solito poliziotto a non fargli pagare il dovuto e a consigliargli l’escamotage -con falsa denuncia di smarrimento- per spendere meno, ma due), forse siamo in presenza di un andazzo diffuso. Tre “inadempienze”: non ti faccio pagare multa e bolli mancanti, fai una denuncia falsa, non regolarizzi il passaporto. Funzionari di polizia che sono venuti incontro al trasgressore? Sì, nell’Italia di oggi che tutti vorrebbero cambiare, ma non un buon esempio di quella certezza dei diritti e delle pene che sarebbe la base per realmente cambiare il nostro Paese. Pensare, per questo, che ci voglia una grande rivoluzione culturale perchè qualunque cambiamento possa essere tale, è il minimo.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc