di Roberto Gugliotta
Antipolitica contro antipolitica. Tutto quello che sta avvenendo sull’argomento Tares ha l’aria di non essere assolutamente serio. Forse è un difetto dovuto all’abitudine, ma non credo a nessuna delle motivazioni che le parti portano per il "si" o per il "no". Soprattutto non credo alla sincerità dei loro scopi. L’aria che tira è che tutti si sono fatti i conti in tasca e in base ai risultati hanno dettato regole di vita generale lasciandosi il diritto di giudicare scandalose quelle degli altri. L’unico sincero e quindi il più inascoltato, è stato il popolo. Ha urlato che la grande distorsione della raccolta dei rifiuti deriva dai meccanismi di smaltimento dai costi altissimi voluti dalla politica per gonfiare l’indennizzo finale e perpetuare in modo efficace e perverso il vincolo. Ma nessuno lo ha degnato di una risposta, nemmeno per dirgli che sbagliava. Eppure, mi sembra, che qualche inchiesta giudiziaria abbia fatto intravedere qualche giro di valzer di troppo. Per il resto quella della Tares è una storia di lana caprina. Nessuno è in grado di dimostrare se sia un investimento o meno: la politica, di questi tempi, non ha regole di produzione esatte. Si comprano idee e battaglie di cui si ignorano qualità e possibilità di adattamento. Tutto è enormemente relativo. Le storture sono negli eccessi, specie in un mondo dove basta un contrasto verbale sbagliato per ritrovarsi senza poltrone e senza codazzo. Sì, in questa Messina dal basso è tutto molto lineare, perfino banale. E’ vero che la storia dimostra come sempre che le lottizzazioni, le società che gestiscono i servizi alla comunità abbiano fatto alzare i costi dell’Amministrazione e la raccolta dei rifiuti è certamente la prima nota dolente. Ma è anche vero che ormai gli spazi sono così ristretti che prima di mettere un modesto professionista ai posti comando la politica dovrebbe riflettere non poco. La verità è che adesso la Tares diventa l’ennesimo falso problema di una classe politica che non ha ancora imparato a costruire nulla di serio e giusto. Sì, la Tares è l’ultima arma che l’antipolitica camuffata da politica ha sfoderato per vincere (?) una guerra dove tutto è necessario soltanto se serve per danneggiare l’altro. Il vero problema della Messina dal basso è questo feudalesimo caparbio. Non c’è sdegno garantista in Accorinti nè preoccupazione filosofica in Calabrò sui destini finali del Comune, come non hanno significato i "sì" o i "no" di tante piccole entità manovrate con il regalo di una promessa. Per tutti conta solo il particolare della propria forza. E non è ancora stato scritto lo "statuto" che possa cancellare il costo dello smaltimento dei rifiuti, l’unica che da sola sta mandando la città allo sfascio.