di Roberto Gugliotta
Qualcosa di profondo sta scuotendo Messina. La protesta della gente per il salasso Tares è molto significativa. Più di tremila persone in piazza contro tutto: sindaco, giunta, rivoluzione, raccolta rifiuti, assessori al traffico e all’ambiente e qualunque altra cosa impedisca di vivere e lavorare tranquilli. Un nemico vasto e senza indirizzi precisi. Eppure solo lo scorso giugno si brindava al successo del sindaco scalzo e amico degli ultimi convinti di aver girato l’angolo, una volta per tutte. Poi il tempo che è sempre galantuomo ha messo d’accordo tutti: Renato Accorinti è poco adatto al ruolo di amministratore. Nell’ultimo mese la Giunta dal basso – benedetta da Chiesa e Università – che sta sfiancando la gente non ha prodotto altro che sterili promesse. Al tirar delle somme la città sembra vivere un’emergenza drammatica tra occupazioni e debiti in cassa. Eppure da tempo i cortei si aggiungono ai cortei, la gente scende in piazza con una frequenza e un piacere inusitato. Oggi Accorinti s’indigna contro chi protesta dimenticando che ieri era lui il Signore delle marce. Però oggi, al contrario di ieri, prendono voce categorie innocue, cittadini qualunque a dimostrazione che la gente semplice non ne può più di un sindaco virtuale e poco pronto a rispondere alle emergenze cittadine. Accorinti e la sua Giunta combattono battaglie apparentemente importanti: la pace nel mondo, la libertà in Tibet, ma dimenticano colpevolmente i problemi locali, quelli che un sindaco dovrebbe risolvere per mandato: servizi collettivi, raccolta rifiuti, commercio, disagio sociale, ecc. E’ chiaro che molti sono anche i problemi veri. I profughi ospitati alla Cittadella universitaria Conca d’Oro dell’Annunziata hanno in parte cambiato il vecchio tran tran della città. Il centro ha ormai zone di loro esclusiva competenza. Il racket della droga ha trasformato molti vicoli in luoghi di risse e ferimenti, la notte è una scommessa in molti locali. Ma non c’è niente di profondamente cambiato rispetto a prima: Accorinti da quando è seduto comodo comodo sulla fiammante auto blu non gira più per le strade e per i mercati, dunque ha perso di vista la gente. E così la gente comune non si fida più dei suoi amministratori, dei suoi tutori, della sua classe dirigente. Non c’è uno sfascio in atto, ma c’è la sensazione netta che chi deve salvare il Comune, ormai a un passo dal dissesto, non sappia dove portare i soccorsi e scelga spesso le strade sbagliate. Il punto è che Accorinti sta perdendo il contatto con la realtà e soprattutto smarrito quel filo sottile che lo legava ai più deboli. Oggi è visto come il sindaco dei poteri forti piuttosto che degli ultimi, colui che sta salvaguardando il buon nome della Messinesità da operetta, quella che negli scandali, nei delitti consumati ha costruito la sua ricchezza. Tares o no Tares, è la filosofia di fondo che fa di Accorinti un problema e non una soluzione: la sua Giunta si è abbandonata a un gioco di piccoli trucchi e ancor più piccoli cabotaggi, nel caos istituzionale più profondo. Credo che più che rivoluzionare bisogna resettare: Accorinti si riprenda il suo ruolo di contestatore solitario, a lui più congeniale e Palazzo Zanca torni qualcuno adatto ad amministrare. Non è una rivoluzione grandiosa?