Come rappresentanti del mondo del lavoro conosciamo bene l’universalità del valore di uguaglianza che, come dimostra la storia del movimento sindacale, rappresenta la stella polare a cui fare riferimento. L’uguaglianza è garanzia di legalità per cittadini, così come il diritto di difesa e l’autonomia sono le condizioni necessarie di libertà. Per il sindacato la tutela dei diritti è a fondamento dell’attività e la situazione di crisi che il Paese sta vivendo impone che il percorso di legalità sia prioritario. Una giustizia più efficiente e che tutela al meglio i cittadini rafforza la credibilità del Paese, favorisce gli investimenti stranieri, assicura certezze agli operatori economici. Inoltre, l’azione di contrasto nei confronti dell’illegalità diffusa diminuisce le ingiustizie sociali e consente il recupero di ingenti somme sottratte allo Stato. La giustizia è un potenziale portatore di lavoro sano! Una giustizia efficiente crea percorsi favorevoli al bene dell’intero Paese. Il funzionamento della Giustizia influisce sull’economia. Garantire ai cittadini la giustizia, come la formazione, la sanità, la protezione sociale, è un compito essenziale che deve assolvere lo Stato, trattandosi di diritti che devono contraddistinguere un sistema democratico e civile. Sempre meno, progressivamente, sono le risorse che i vari Governo destinano a questi fondamentali settori per la vita delle comunità. Il Governo deve investire nel funzionamento della Giustizia un taglio alle risorse per la giustizia non ben ponderato è un taglio al futuro del Paese.
Far rispettare le leggi è forse il lavoro più bello e stimolante perché senza giustizia non c’è libertà. Tutta la società civile deve impegnarsi a richiederla e rispettarla. Permettetemi di rivolgere un saluto a Di Matteo solo uno degli ultimi eroi della giustizia e rivolgere a lui per tutti Voi che siete impegnati a far rispettare la giustizia il mio sentito GRAZIE. Le cause di lavoro sono tra quelle che necessitano più celerità perché la tutela degli interessi lesi sia effettiva. Il c.d. “Rito Fornero” relativo ai licenziamenti, che doveva accelerare il processo del lavoro si è rivelato, almeno nel nostro territorio, al lume delle concrete applicazioni, assolutamente inadatto allo scopo che il legislatore si era prefissato. Infatti la fase di opposizione all’ordinanza di accoglimento di rigetto del ricorso si incanala nei già troppo noti tempi processuali a causa di rinvii che vengono dati fino a 16 mesi dalla prima udienza la quale viene fissata a più di 6 mesi dalla presentazione dell’opposizione . In realtà vengono allargati in maniera esponenziale i tempi per la definitiva decisione che comprendono: prima fase , seconda fase, appello e ricorso per cassazione. Ma quel che è più incomprensibile è che possono esistere per lo stesso licenziamento due procedimenti paralleli: quello di opposizione e quello di merito, quando il magistrato non ritiene applicabile lo stesso Rito Fornero. La decisione della fase di merito a sua volta potrà essere impugnata in appello e ricorribile in Cassazione. Pertanto un licenziamento potrebbe trovare definitiva soluzione dopo più di 3 anni. Stessa esasperante lentezza si riscontra negli altri procedimenti del lavoro non soltanto in 1° grado dove vengono dati inutili e meri rinvii, ma anche in appello dove la prima udienza viene fissata a quasi tre anni dalla presentazione del gravame. Anche le decisioni sui Decreti Ingiuntivi, che dovrebbero garantire la sopravvivenza del lavoratore e della sua famiglia, non brillano per celerità. Infatti, la mancata concessione della provvisoria esecuzione (nonostante trattasi di crediti di lavoro) fa si che l’opposizione del datore di lavoro instauri un lungo esasperante annoso procedimento che spesso si conclude in via transattiva con la corresponsione da parte del datore di lavoro di una somma irrisoria e spesso mortificante che il lavoratore è costretto ad accettare per ragioni di sopravvivenza. Un giudizio più celere e la concessione della provvisoria esecuzione toglierebbe dalle mani del datore di lavoro questa terribile arma di ricatto viene utilizzata approfittando delle difficoltà del lavoratore. L’efficienza della giustizia però può iniziare anche dalle piccole cose.
Collaborazione e cooperazione di tutte le parti interessate: magistratura, avvocatura, parti sociali. Consapevolezza che il vero rispetto dei diritti dei lavoratori passa per una giustizia che ne ascolta le istanze e valuta oggettivamente le risultanze degli atti di causa. Cogliere l’opportunità fornita dalle disposizioni di legge e valutare seriamente l’opportunità di conciliare. Non vuol dire perdere o asservirsi alle ragioni dell’azienda, ma evitare di intasare le aule, evitare di portare anche la propria controversia verso tempistiche abnormi per ottenere, nei fatti, non molti euro in più. Sta nel buon senso dei legali e delle parti sociali che assistono i dipendenti comprendere sin dove ci si può spingere e a che punto, invece, è più opportuno trovare una soluzione congiunta. Il giudice, che per legge è oggi tenuto a formulare la sua proposta conciliativa, valuti con oggettività ed attenzione tutti i fattori, per giungere ad una proposta accettabile. Garantire dignità ai dipendenti che si trovano costretti a tutelare le proprie ragioni in aule di tribunale. Dare la giusta attenzione ai singoli casi. Non trasformare le aule in mercato.
Parlare di diritto e valutare oggettivamente i fatti non é pensabile in aule e contesti come quelli che oggi esistono in tribunale. Si fa appello alla professionalità degli avvocati ed autorevolezza dei magistrati per consentire che sia realizzabile un’organizzazione dignitosa e ordinata delle aule e delle discussioni. Un utilizzo diligente delle norme che sono a nostra disposizione.
Nelle altre città le sezioni lavoro sono dei modelli di efficienza celerità e attenzione verso le istanze delle parti deboli..il fatto che il diritto del lavoro è mutevole, cambia di continuo ed è sempre più frammentato non esime gli operatori del settore dal conoscerlo, non può consentire che in giudizio abbia la meglio chi riesce a sopraffare l’altro. Si può iniziare dalle piccole accortezze da parte di tutti, perché anche nella giustizia c’è il bene comune. Il bene comune è il rispetto delle norme e dei diritti, che non si realizza solo con una sentenza favorevole, ma con un processo equo, dignitoso e veloce. Anche a Messina i lavoratori e gli operatori del settore giudiziario si trovano alle prese con le difficoltà che vanno dalla inadeguatezza delle strutture giudiziarie della città di Messina con la dislocazione delle sezioni in più ambiti (Corte d’Appello, Tribunale e Procura della Repubblica a Palazzo Piacentini, Tribunale del Lavoro e Giudice di Pace in Via Malvezzi, Tribunale per i minorenni in Viale Europa,Tribunale di Sorveglianza in Via Centone e Corte d’Appello lavoro in via San Domenico Savio); con l’esiguità degli spazi per le udienze, con l’inidoneità dei locali privi pure di impianti di condizionamento dell’aria.
Ed è’ evidente che la disorganizzazione delle strutture giudiziarie di Messina e la mancata realizzazione di una cittadella giudiziaria, ripercuotendosi negativamente dal punto di vista logistico sull’attività degli operatori del diritto (avvocati, consulenti ecc.), implica inevitabilmente un aumento dei costi della giustizia per il cittadino e per le casse comunali.
Intervenendo in analoga circostanza nel 2010 ebbi a esprimere un giudizio preoccupato sulla scelta del comune di investire su un immobile a valle di via bonino. Oggi siamo qui ancora a dibattere. Tra una scelta o l’altra, il rischio di perdere i già ridotti finanziamenti ed il costo oneroso per mantenere precarietà e inadeguata funzionalità. A questo punto credo sia necessario interrogarsi se tutto ciò sia soltanto il frutto di incapacità amministrativa.
La riforma della geografia giudiziaria, che riguarda la sola organizzazione giudiziaria ma non le altre articolazioni del ministero, non produrrà grandi benefici in termini economici.
Forse non è necessario oggi ricordare che le soppressioni in Italia hanno riguardato
31 Sedi di tribunali e relative Procure (Mistretta) 220 Sezioni distaccate di Tribunali ( Sant’Agata di Militello, Milazzo, Lipari, Taormina) 667 sedi di Giudice di pace (Ali’ Terme, Francavilla di Sicilia, Rometta, Santa Teresa di Riva, Taormina, Santo Stefano di Camastra, Naso, Sant’Agata di Militello, Sant’Angelo di Brolo, Tortorici, Lipari, Milazzo, Novara di Sicilia)
Sul fronte dei lavoratori, con contratti bloccati sine die, registriamo che operano da anni in condizioni di grave disagio economico ed in emergenza perenne, a causa delle carenze di strutture e mezzi adeguati. Dovranno aggiungere agli attuali disagi anche quelli che deriveranno dagli inevitabili trasferimenti in altre sedi. Gli operatori tutti della giustizia e i cittadini utenti, dovranno subire inevitabili aggravi di costi, diretti ed indiretti, per usufruire del servizio giustizia. Non v’è dubbio alcuno che si determineranno contraccolpi sulla già grave situazione economica e sociale dei territori interessati e per intere economie.
Riteniamo che la riforma non è rispondente alle esigenze funzionali e di efficienza del servizio e del territorio e rischia di gettare la Giustizia nel caos organizzativo. Ancora una volta sulla pelle dei cittadini e dei lavoratori, si pensa di fare cassa e di risparmiare risorse. Non importa se, per ottenere ciò, devono essere messi da parte principi e valori che costituiscono la cultura portante di un servizio particolare qual è quello svolto dai Tribunali, ingiustamente definiti “minori”, e disagiati operatori, che hanno sempre lavorato con abnegazione e alto senso del dovere e dello Stato.
Il Ministro asserisce che detta riforma permetterà alla nazione un risparmio stimato in circa 80 milioni di euro nel settore giustizia che a nostro giudizio non risponde a vero.
Fatto l’accorpamento è necessario passare alla fase vera della riorganizzazione, perché chiudere i Tribunali non significa aver fatto la riforma.
E’ necessario passare a:
1. Modernizzare il sistema giudiziario
2. Digitalizzare i processi
3. Generare risparmi veri per una giustizia efficiente che serva anche all’economia
4. Fare controllo di gestione
5. Individuare nuove funzioni per il personale non togato
6. Coprire le carenze di organico
7. Riorganizzare gli uffici mettendo al centro il servizio e valorizzando le professionalità, nonché rilanciando anche un corretto sistema di relazioni sindacali
Il sindacato, però, tiene a far rilevare che nonostante si sia determinata una condizione di stress e di pressione su tutti gli operatori, da parte dei lavoratori non è mancata mai la disponibilità a farsi carico e a garantire il funzionamento degli uffici e delle attività nel distretto.
In tale condizione di difficoltà generale, che si ripercuote sulla qualità e sulle condizioni di lavoro di chi opera all’interno degli uffici giudiziari, il sindacato svolge un’azione di tutela, non corporativa, di tutti i livelli professionali operanti al Tribunale (dagli ausiliari, ai dirigenti, ai magistrati).
Va maggiormente valorizzato il ruolo delle rappresentanze sindacali aziendali e lo spirito di partecipazione che hanno manifestato in diverse occasioni.
Il loro apporto è prezioso per migliorare l’organizzazione del lavoro e dei servizi, specialmente in una fase di carenza e di limitazione di risorse finanziarie disponibili derivante dal contenimento dei trasferimenti ministeriali.
Ci vuole una giusta tensione culturale e civile, capace di creare una rottura netta con tutte quelle aree cosiddette “grigie ed indefinite” che sembrano rappresentare, ormai da tempo, l’humus quotidiano della realtà messinese.
Non ci rassegniamo alla pratica dilagante che tende a realizzare uno scambio tra la formazione del consenso e la copertura, per favorire forme di attività illegittime e di interessi economici particolari. Si tratta di una vera e propria “cultura sociale dominante” nel nostro territorio a cui non ci piegheremo.
Non ci rassegniamo a vedere che, pur cambiando le condizioni del contesto, l’obiettivo prevalente mira solo al controllo delle Istituzioni piuttosto che a provvedere al loro governo.
Su questi elementi cosiddetti culturali, diffusi nella società messinese, si deve realizzare una radicale inversione di tendenza nei comportamenti di chi riveste responsabilità pubbliche ed istituzionali. Sarebbe la condizione fondamentale per liberare le giuste energie per avviare una nuova fase di sviluppo e di crescita nel pieno rispetto della legalità.
Su questo la magistratura e le forze di sicurezza possono contare sull’azione di vigilanza, di denuncia, di proposta e di iniziativa riformatrice ed innovativa del nostro sindacato.
Bisogna scoraggiare il permanere ed il consolidarsi di un’imprenditoria debole o inquinata che condiziona l’economia locale e che dell’evasione delle norme (contrattuali, contributive, di sicurezza e di salute) ne fa la base per entrare nel mercato, praticando forme di concorrenza sleale.
Condividiamo che bisogna abbandonare la pratica dell’istituto delle proroghe nell’affidamento di importanti servizi per la comunità, attuate da diverse amministrazioni locali che preferiscono mantenere condizioni di emergenza permanente piuttosto che operare scelte strategiche in direzione di una gestione di tipo imprenditoriale, con occupazione stabile e l’offerta di servizi di qualità, efficienti e meno onerosi per l’erario. Il mondo del lavoro messinese ha ormai maturato la necessaria consapevolezza che senza legalità non ci può essere sviluppo, perché la mancanza di legalità non garantisce la partecipazione. Ma siamo anche convinti che solo la partecipazione democratica alla vita della comunità, che non può essere limitata solo al momento elettorale, può favorire la formazione di idee forti e progetti di sviluppo, un maggiore impegno di persone di qualità per il buon governo della cosa pubblica. Condizioni preliminari indispensabili queste, per intraprendere una fase di riscatto e crescita anche nella provincia di Messina. Con questo auspicio che esprime lo spirito del sindacato confederale e delle realtà lavorative e sociali che ci onoriamo di rappresentare, formuliamo i migliori auguri per le attività che saranno intraprese nell’anno giudiziario che tra qualche minuto sarà formalmente inaugurato.
L’intervento del segretario generale della CISL di Messina, Tonino Genovese,
tenuto a nome di CGIL CISL UIL all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2014