"Con le riforme di Lega e M5S le donne non vanno più in pensione", scrive Giuliano Cazzola, uno dei massimi esperti in sistemi previdenziali. Una notizia che ci ha fatto sobbalzare dalla sedia. Com’è possibile? Le pensioni sono al centro della campagna elettorale e le liste che si presentano propongono riforme e controriforme, ma quelle della Lega e del M5S, analizzate da Cazzola, lasciano di stucco. In sostanza, la Lega propone di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica, mentre il M5S propone di andare in pensione quando la somma tra l’età anagrafica e l’anzianità contributiva arriverà a quota 100. Dunque?
"Per come è composto il mercato del lavoro", scrive Cazzola, "sono i lavoratori maschi che hanno avuto la possibilità di accumulare storie contributive lunghe e continuative", mentre "le donne, in larga maggioranza, non sono in grado di accumulare anzianità così importanti (quella media è pari a 25,5 anni lavorativi a fronte dei 38 anni degli uomini) e finiscono per avvalersi della pensione di vecchiaia", che in media è la metà di quella di anzianità.
Scrive Cazzola: "A quale conclusione ci portano questi ragionamenti? "Semplice: i nuovi requisiti proposti dal combinato disposto leghista-grillino impedirebbero alla grande maggioranza delle lavoratrici dei settori privati (nel pubblico la situazione è diversa) di andare in pensione, perché non sarebbero in grado né di raggiungere quota 100 né di far valere 41 anni di anzianità, se non ad un’età (a questo punto solo teorica) molto superiore ai 67 anni ora agitati come una minaccia."
Insomma, le donne non possono che augurarsi che le proposte della Lega e del M5S, che si candidano a governare, non governino.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc