Alla crisi di democrazia in Italia ha cercato di porvi riparo la sentenza della Corte Costituzionale del 4/12/2013. La sentenza sancisce in modo chiaro che l’assenza delle preferenze sia un fondamentale motivo di incostituzionalità del Porcellum perché manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione. E ancora la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della Sovranità popolare. Incidendo sulla stessa libertà di voto di cui all’art. 48 della Costituzione (sentenza n. 16/1978). Conclude la sentenza per l’illegittimità costituzionale del Porcellum nella parte in cui non consente all’elettore di esprimere una preferenza per i candidati al fine di determinare l’elezione.
Con una situazione economica, sociale, culturale e morale tra le più gravi di tutta la storia repubblicana, ci si aspettava che la politica prendesse atto della situazione e rimandasse le scelte al popolo nella speranza di allontanarsi dal baratro rappresentato da oltre il 50% dei cittadini che non vanno a votare.
Paradossalmente in un Paese a democrazia parlamentare i tre che dovrebbero difendere la democrazia, per motivazioni diverse, sono fuori del Parlamento. Un parlamento svuotato, ridotto a esecutore di “pizzini” che arrivano da diverse parti escluso che dalla politica.
Vista la sentenza della Corte Costituzionale i cittadini si aspettano una proposta di legge elettorale che tenga conto delle indicazioni riportate nelle motivazioni di incostituzionalità, mentre la legge elettorale sembra prendere ancora una volta direzioni diverse, e lontane dal riconsegnare il potere decisionale al popolo.
La proposta di riforma elettorale presentata si fonda su due pilastri: la difesa del sistema bipolare a tutti i costi e la scelta di considerare i cittadini incapaci e corruttibili e quindi non in grado di scegliere il candidato giusto.
Come cittadini ci domandiamo: il perché di questa forte opposizione trasversale alle preferenze? Perché con le preferenze la maggior parte dei parlamentari non sarebbe rieletto? Perché in questo modo non si potrebbero più fare eleggere amici, amiche compiacenti, figli e nipoti di vecchi intrallazzoni dei partiti?
Il problema vero è che questi Proconsoli attualmente a capo di gruppi oligarchici chiamati indegnamente partiti non potrebbero più svolgere la loro funzione come ci insegna la storia del diritto romano, il proconsole era il “rappresentante di un personaggio o di un potentato in luoghi periferici rispetto ai centri di potere”.
Discutere di questa proposta di riforma è un falso problema se non abbiamo chiaro il quadro di riferimento e a chi rispondono i vari proconsoli. Il progetto viene da lontano e la data di nascita la possiamo far coincidere con la elezione a presidente degli Stati Uniti di Bill Clinton.
Bill Clinton promulgò su indicazione dei grandi gruppi bancari e finanziari una nuova legge bancaria nota con il nome di Gramm-Leach-Bliley Act che superava e annullava la vecchia Glass Steagall, dando alle banche campo libero di operare speculazioni finanziarie che hanno successivamente portato alla circolazione dei derivati tossici.
Questa rivoluzione copernicana delle leggi bancarie venne fatta approvare in tempi successivi dai parlamenti dei vari Paesi. In Italia la legge Amato ( legge 30 luglio 1990, n. 218 ), che stabiliva una ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli Istituti di credito di diritto pubblico, avviò un processo di cambiamento del sistema bancario italiano che ha permesso anche alle banche italiane di esercitarsi nella rischiosissima arte speculativa, abbandonando la funzione specifica, di raccoglitrici dei risparmi da erogare alle attività produttive dell’economia reale, per cui esse erano nate.
In Italia la politica è morta negli anni ’80 quando il sistema finanziario favorì la corruzione di uomini attivi in politica per eliminarli e sostituirli con uomini delle banche e del sistema finanziario-industriale. Questi uomini, fidati proconsoli, ci hanno portato al disastro che abbiamo davanti agli occhi, con la collaborazione di servi sciocchi di alcune componenti sociali abbagliate dal momentaneo vantaggio personale o del gruppo ristretto.
Non a caso gli ambasciatori dei proconsoli sono uomini che da sempre sguazzano nello stagno basso della politica ma continuano ad ingrassare immuni da qualsiasi strale di Atena.
A livello mondiale solo la Chiesa Cattolica prima con l’enciclica di Papa Benedetto XVI “Caritas in Veritate”, poi con quella di Papa Francesco, “Evangelii Gaudium”, ha cercato di dare una lettura antropologica culturale del vissuto umano nell’epoca moderna.
A questo riguardo alcuni passaggi della Enciclica “Evangelii Gaudium”:
“No a un’economia dell’esclusione
53. Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della iniquità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è iniquità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”.
54. In questo contesto, alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete. La cultura del benessere ci anestetizza e perdiamo la calma se il mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte queste vite stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo
No alla nuova idolatria del denaro
55. Una delle cause di questa situazione si trova nella relazione che abbiamo stabilito con il denaro, poiché accettiamo pacificamente il suo predomino su di noi e sulle nostre società. La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano. La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e, soprattutto, la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo dei suoi bisogni: il consumo.
56. Mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria. Perciò negano il diritto di controllo degli Stati, incaricati di vigilare per la tutela del bene comune. Si instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue
leggi e le sue regole. Inoltre, il debito e i suoi interessi allontanano i Paesi dalle possibilità praticabili della loro economia e i cittadini dal loro reale potere d’acquisto. A tutto ciò si aggiunge una corruzione ramificata e un’evasione fiscale egoista, che hanno assunto dimensioni mondiali. La brama del potere e dell’avere non conosce limiti. In questo sistema, che tende a fagocitare tutto al fine di accrescere i benefici, qualunque cosa che sia fragile, come l’ambiente, rimane indifesa rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in regola assoluta.
No a un denaro che governa invece di servire
57. Dietro questo atteggiamento si nascondono il rifiuto dell’etica e il rifiuto di Dio. All’etica si guarda di solito con un certo disprezzo beffardo. La si considera controproducente, troppo umana, perché relativizza il denaro e il potere. La si avverte come una minaccia, poiché condanna la manipolazione e la degradazione della persona. In definitiva, l’etica rimanda a un Dio che attende una risposta impegnativa, che si pone al di fuori delle categorie del mercato. Per queste, se assolutizzate, Dio è incontrollabile, non manipolabile..”. Quanto denunciato ci può aiutare ad interpretare l’epoca moderna e a trarre delle indicazioni su che tipo di legge elettorale avrebbe bisogno in questo momento l’Italia.
CORRADO TOCCI
SEGRETARIO POLITICO POPOLARI GLOCALIZZATI