di Roberto Gugliotta
Dopo mesi e mesi di lavori in corso e parole arriva dal Tar di Catania la notizie più bella per il sindaco Accorinti: nessuna verifica delle schede e dunque si comincia a fare sul serio. Ed era francamente tempo. Come tutti gli avvenimenti che partono da molto lontano, il giudizio del Tar è arrivato stremato in vista di se stesso. Tutto ha contribuito a farlo diventare eccessivo in questi ultimi mesi. Il tam tam pubblicitario sui blog, la vecchia voglia della politica di celebrarsi sempre e comunque, le dispute folcloristiche che hanno spesso bloccato in modo imbarazzante le persone coinvolte. Mescolando politica e cemento, traffico e contorsioni mentali, il sindaco di Messina è diventato quasi un modo di essere. Giocargli a favore o contro significava non solo schierarsi, ma disegnare un identikit dell’anima ormai molto preciso. Il vero fattore scatenante è che non è mai stato troppo chiaro dove collocarlo. Resta però un problema esserlo, sul serio. Se come una grande occasione per ristrutturare una città vecchia, bloccata nelle paralisi delle burocrazie comunali; o come una seria, enorme manifestazione sociale/educativa, un po’ ingombrante, ma in fondo festosa. Con un Bilancio sempre più preoccupante, per non dire imbarazzante, il sindaco si trova ora nella condizione di decidere da solo il suo destino e di poterlo fare con la consapevolezza che dal Tar di Catania non arriveranno ribaltoni. E’ una sintesi audace, forse inopportuna, che contiene però qualcosa di vero. Nel 2003 fu un tribunale a mandare a casa Buzzanca e stessa sorte toccò al suo successore Genovese, anche se per situazioni profondamente diverse. Oggi con il dilagare dei blog le storie politico – giudiziarie entrano più velocemente in moltissime case e fanno sì che le cose loro diventano cose di famiglia: per certi versi abbiamo perso fiducia e ottimismo ma abbiamo guadagnato in folclore. Anche questo nuovo atto politico/giudiziario è un altro genere di avvenimento, ma è soprattutto un altro genere di vita amministrativa. Si sono dette sciocchezze così grandi in nome della democrazia, lo si è trasformato in una specie di lavandino così generalizzato dei problemi locali, che al fondo della polemica, più che scienza non poteva che esserci una voglia inesausta di provocazione. Anche la gioia manifestata dal popolo che si specchia nel suo Renato a caldo dimostra che la fifa di perdere il Comune era qualcosa di molto palpabile, segno che c’è del vero nel dubbio della vittoria. Adesso che le bocce son ferme, buona parte del dibattito si chiuderà. La vita riprenderà, come dire?, il suo corso naturale. Vincerà, come sempre, la melina. E che sia uno spettacolo poco edificante lo dimostrano le cifre con cui si arriva alla partita finale: dissesto o non dissesto? Non c’è comunque più da aspettare molto.