ELEZIONI EUROPEE, LA FINE DI UN MODELLO SOCIO-ECONOMICO

Il risultato delle elezioni europee può essere letto come la messa in discussione di metodologie che determinano cosa è importante e cosa non lo è, un risultato che può essere letto come il riprendersi da parte dei cittadini il libero discernimento dettato dalla propria coscienza.

La visione calvinista che ha guidato il mondo in questi ultimi quaranta anni cozza con la nostra visione dell’uomo, della società e della storia. In questo periodo storico il calvinismo è riuscito a far prevalere metodologie antropologiche che hanno provocato lo scisma tra ragione ed emozione, separando in questo modo la ragione dal cuore; nella società, attraverso il liberalismo, ha privilegiato la borghesia indebolendo in questo modo la nozione di popolo; dal punto di vista religioso ha sostituito l’universalità del popolo di Dio con l’internazionalismo della borghesia.

Come operatori di sviluppo siamo fermamente coscienti che la nostra azione si fonda sulla realtà che abbiamo di fronte e sul discernimento, il discernimento non lo basiamo sulle idee ma sulla vita reale. Questo modo di fare ci permette di accompagnare i processi storici, non di occupare posti di potere.

Il limite della cultura post-moderna riguardo allo sviluppo locale è rappresentato dal cercare di imporsi sulle circostanze che determinano la cultura e la tradizione, cercando di riordinare quella storia in funzione del proprio modello di società invece che dialogarci.

Queste elezioni europee ci impongono di fare il punto di come essere cittadini in questa fase della storia. Nei secoli diciottesimo e diciannovesimo una serie di guerre, prima regionali e poi mondiali, hanno favorito la costituzione degli Stati Nazione del

ventesimo secolo; in questo primo periodo del ventunesimo secolo attraverso una guerra mondiale finanziaria ci stiamo avviando verso la forma statuale del Continente Nazione.

Nella fase di costruzione delle nuova forma statuale di Continente Nazione un ruolo strategico sarà ricoperto dalle grandi civiltà mondiali: quelle più antiche, l’europea, l’islamica, la cinese, l’indiana e la giapponese; quelle più moderne, la latina americana e la nord americana.

Tutto questo processo deve fare i conti con lo stato e le capacità del pianeta Terra. I vari rapporti sullo stato del pianeta possono essere sintetizzati in due concetti: il primo, se l’attuale tasso di crescita della popolazione, dell’industrializzazione, dell’inquinamento, della produzione di cibo e dello sfruttamento delle risorse continuerà inalterato, i limiti dello sviluppo su questo pianeta saranno raggiunti in un momento imprecisato entro i prossimi cento anni.

Il risultato più probabile sarà un declino improvviso ed incontrollabile della popolazione e della capacità industriale; il secondo, che è possibile modificare i tassi di sviluppo e giungere ad una condizione di stabilità ecologica ed economica, sostenibile anche nel lontano futuro, lo stato di equilibrio globale dovrebbe essere progettato in modo che le necessità di ciascuna persona sulla terra siano soddisfatte, e ciascuno abbia uguali opportunità di realizzare il proprio potenziale umano, anche in riferimento alle caratteristiche del territorio in cui vive.

Il nostro Paese vive una crisi storico-antropologica che non può essere ricondotta solamente alla mancanza di occupazione, questa situazione è figlia di un modello di sviluppo che ha bisogno di essere rivisto.

La cultura occidentale ha cercato di equiparare i concetti di sviluppo e di crescita. Per riavviare il sistema occorre ridare ad ogni categoria il suo vero significato: la categoria sviluppo sottintende un sviluppo qualitativo; la categoria crescita sottintende un cambiamento quantitativo.

Oltre alla sostanza economica, la vita include anche una componente non economica, spirituale. Essa implica non solo le religioni, ma anche l’intero

complesso dell’intangibile cultura locale, la sua storia, le sue tradizioni, le peculiarità del carattere locale, le idee di giustizia e di moralità. Separando questo aspetto dalle strategie di sviluppo, si favorisce la perdita del senso dell’identità locale, che termina con la sua estinzione, dissolvendosi in altre culture meno radicate e meno profonde che assomigliano sempre più a mode temporanee.

E’ arrivato il tempo in cui un territorio deve costruire il suo futuro diventando un centro propulsore indipendente, entrando in una nuova fase di interazioni e d’integrazione con gli altri centri, costruendo coscientemente la propria via particolare allo sviluppo basata su una sua propria matrice di valori e di risorse.

CORRADO TOCCI
SEGRETARIO POLITICO POPOLARI GLOCALIZZATI