Centrodestra a Messina: Game Over!

di Nicola Currò

Game over: difficile trovare un’espressione altrettanto efficace per definire la performance del centrodestra messinese. Il crollo verticale dei consensi rispetto alle già disastrose comunali del 2013 non può essere giustificato solo dalla capacità attrattiva esercitata dal PD e da un M5S che peraltro, a discapito dei sondaggi, ha avuto una prestazione al di sotto delle attese.
Il deludente risultato ottenuto da Forza Italia in riva allo Stretto, dove ha segnato un 18,68%, è vero che rappresenta pur sempre qualcosa di assolutamente insperato – visto che gli azzurri oltre a non presentare candidati messinesi alle europee, tra le proprie fila non vantano deputati regionali tantomeno deputati nazionali e per tutta la campagna elettorale hanno avuto il proprio leader a mezzo servizio -, ma di certo è un risultato che non può far gioire. Molto più sconfortante è la riuscita ottenuta dall’NCD il quale, pur essendo un partito nato da poco, correva imparentato con l’UDC, che di esperienza elettorale invece ne ha da vendere, eppure i due partiti, sommati, ottengono un risultato addirittura inferiore a quello che l’UDC da sola ottenne nel 2009 quando racimolò l’11% dei consensi. Nell’area di centrodestra, forse, l’unica nota positiva è rappresentata dal risultato registrato da Fratelli d’Italia, dove l’ormai eroico e leggendario Ciccio Rizzo appare come l’unico esponente che ancora crede di poter rappresentare e dar voce a quel blocco sociale che si riconosce nei valori della destra storica.
In casa centrodestra si è dunque ben lontani dalle percentuali di voto ottenute dalle tanto vituperate gestioni politiche precedenti. Del resto il percorso di avvicinamento del centrodestra alle consultazioni europee è stato tortuoso come mai prima: il disastro elettorale delle amministrative dello scorso giugno, con la scelta di candidare l’on. Garofalo alla carica di sindaco che di fatto ha regalato la città ad Accorinti, il valzer sulle primarie sì – primarie no, la defenestrazione di Buzzanca e di tutta l’area ex AN e lo spappolamento del PDL non rappresentano una serie di sfortunati eventi, bensì sono il chiaro sintomo di una totale mancanza di strategia politica che potrebbe indurre a pensare che, in casa centrodestra, vi sia una precisa volontà masochistica che vuole tenersi lontana da qualsiasi tentativo di sviluppare un discorso alternativo al centrosinistra e a un M5S che non ha sfondato.
Tirando un po’ le somme di questa ultima tornata elettorale emerge un quadro sconfortante. Se da un lato FdI sapeva fin dal principio di essere condannata a una rappresentanza "di nicchia", se FI sapeva di non poter pretendere più di quanto alla fine ha ottenuto, toccava all’NCD-UDC la missione di catalizzare il voto dei moderati, dei liberali e dei tanti delusi del PDL che non si riconoscono in FI. La missione dell’NCD-UDC è chiaramente fallita, ma è fallita perché l’immagine che gli esponenti dei due partiti hanno rimandato all’opinione pubblica è quella di un cerchiobottismo di stampo pentapartitico e poi perché le idee che essi esprimono cozzano non poco con chi, in teoria, dovrebbe battersi per una politica meno accentratrice, meno invasiva, meno assistenzialista e meno “ladra".
C’è allora da augurarsi che la batosta elettorale rimediata da tutte le forze di centrodestra spinga i vertici dei vari partiti a un sussulto di dignità che li induca a chiudere, dimettersi e lasciare ad altri l’arduo incarico di ripartire da zero con una proposta politica davvero competitiva. Si smetta una volta per tutte con la politica del curare il proprio orticello del consenso, buono solo a ottenere qualche titolo di giornale, qualche servizio nei Tg e delle comparsate nelle foto dei big della politica nazionale. La situazione è drammatica e ci vuole ben altro che un leggero colpo di defibrillatore per riportare in vita un centrodestra clinicamente morto.

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