Potrebbe avere i giorni contati lo stato di precarietà dei 140mila supplenti della scuola italiana: anche l’avvocato generale, Maciej Szpunar, si è espresso positivamente sulle motivazioni che hanno portato l’Anief a ricorrere, prima di tutti, più di quattro anni fa, alla Corte di Giustizia europea per denunciare l’abuso di precariato dello Stato italiano anche laddove i lavoratori, in particolare docenti e Ata, abbiano superato i 36 mesi di servizio, in totale differimento della direttiva comunitaria n.70 del 1999.
Nelle conclusioni dell’avvocato generale, pubblicate oggi, si ripercorre la lunga vicenda giudiziaria, ormai giunta quasi al suo epilogo: Szpunar ricorda che il motivo del contendere è “una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, che, da una parte, autorizza il rinnovo di contratti a tempo determinato per provvedere alla copertura di posti vacanti d’insegnamento e di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario delle scuole pubbliche, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo, senza che vi sia la benché minima certezza sulla data in cui tali procedure si concluderanno”.
Secondo Szpunar, quindi, questa modalità tutta italiana viene adottata da diversi anni “senza definire criteri obiettivi e trasparenti che consentano di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale e sia di natura tale da raggiungere l’obiettivo perseguito e necessario a tal fine, e, dall’altra, non prevede alcuna misura per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore scolastico”.
La conclusione per l’avvocato generale è quindi che il modello organizzativo di assegnazione reiterata di supplenze su posti vacanti e disponibili al ruolo “non può essere considerata come giustificata da ragioni obiettive ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato”. Szpunar sottolinea che è “ai giudici del rinvio, tenuto conto delle considerazioni che precedono, che spetterà valutare se ricorrano tali circostanze nell’ambito dei procedimenti principali”.
Il giovane sindacato, che ha già ottenuto presso diversi tribunali del lavoro sentenze positive in primo grado in tema di stabilizzazione e/o risarcimenti danni, pienamente cosciente che l’esito finale sul ricorso sovranazionale è ancora da definire, reputa la posizione dell’avvocato generale davvero incoraggiante: “anche se l’ultima parola spetterà alla Corte Giustizia europea – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – le indicazioni che arrivano oggi fanno crescere le nostre speranze e quelle di migliaia di lavoratori della scuola che hanno creduto nell’operato dell’Anief”.
Per almeno 125mila dei 140mila precari annuali della scuola italiana, infatti, una pronuncia positiva della Corte europea obbligherebbe tutti i giudici nazionali del lavoro ad esprimersi favorevolmente per l’assunzione a tempo indeterminato dei supplenti con almeno 36 mesi di servizio alle spalle, ad iniziare dai docenti abilitati. Anche su questo punto, sulla non opposizione del giudice nazionale ad una sentenza proveniente da Lussemburgo, si è espressa già chiaramente la Commissione Europea.
Secondo Pacifico “sulla questione precariato, per il Governo e il Miur siamo alla resa dei conti: negli stessi giorni in cui alcuni rappresentanti del Governo ammettono la volontà di eliminare le graduatorie d’istituto, con i quasi 500mila supplenti che vi sono dentro, e nelle stesse ore in cui il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan prefigura un “contratto unico con forme di tutela progressiva” e da Viale Trastevere non giungono risposte alla richiesta formulata dall’Anief di immettere in ruolo 100mila docenti e 25mila Ata precari, dall’Europa arrivano indicazioni che porteranno alla loro assunzione per altra via”.
“E lo Stato non potrà che darne seguito: altrimenti incorrerebbe in sanzioni salatissime, fino a 4 miliardi di euro, qualora continui a lasciare al palo così tanti dipendenti. Che poi andrebbero a carico dei contribuenti. Aspettiamo, a questo punto, con sempre maggiori speranze, la sentenza definitiva che salvo impedimenti – conclude il presidente Anief – arriverà in autunno”.