di Alessandro Fumia
La moda spinta nel protagonismo percorre strade alternative per giungere in alto e imporsi nelle comunità di appartenenza. Negli ultimi anni a Messina, gli amministratori, puntano a raggiungere attraverso precise scorciatoie, la strada della fama per giustificare in chiave eccelsa la loro missione politica in città. Così è accaduto nel passato che un drammaturgo inglese sparato nei media come messinese, accendesse di smania i suoi cittadini e allo stesso modo, qualche mese fa, Il nostro sindaco Renato Accorinti, seguendo un metodo a lui familiare, ripercorre con lo stesso strumento una strada praticata a Messina per lasciare anch’egli un marchio indelebile sulla città, inserendo fra i suoi potenziali residenti persino il Dalay Lama. Una competizione a chi la spara più grossa, si associa perfettamente allo status dei messinesi notoriamente buddaci di nomina nobiliare fra gli italici. Pensando a costruire le future imprese del capo dei buddisti qual’ora diventerà messinese, bisogna gettare l’occhio su chi oggi, è bene addentro in queste meritorie affinità.
Il metodo è sempre lo stesso, segnalare un grande uomo del passato par fare notizia e raccogliendo il clamore ad essa annessa, aumentare nella gente, la consapevolezza di avere a che fare con amministratori capaci e il consenso, futura espressione nelle urne a tempo debito. Se la Giunta accorintiana pensa già al momento in cui salirà nelle alte vette della cronaca, possibilmente nazionale per simile avvenimento, già altri prima di loro hanno tentato siffatta strada uscendone con le ossa rotte. Ricordare un evento per non dimenticare i suoi nefasti effetti, dovrebbe mitigare gli animi a più facili consigli. Questo non è mai avvenuto a Messina. Per tanto immaginando una scena già vista e protocollata, ricordiamo gli errori di ieri per scongiurare quelli futuri.
Il 29 settembre 2011, presso la Sala Consiliare del comune di Messina, “si è tenuta una conferenza stampa per il conferimento della cittadinanza onoraria post mortem a William Shakespeare.” Già discussa e protocollata [ Nella delibera n. 61/C, approvata dal consiglio comunale di Messina nella seduta dell’8 agosto 2011 ]. Veicolata in modo ufficiale una ipotesi di studio, facendola passare come possibile variante di una verità acclarata dai media, ci porta su una strada di non ritorno. In quella occasione, si sono snocciolate tutta una serie di ipotesi che fanno il paio con tante altre supposizioni, credendo talmente tanto in quel metodo, presentando quel prodotto alla stampa come fatti storici. Il progetto condivisibile, qual’ora avesse avuto delle solide basi di studio, viene a cadere sotto il peso di documenti sconosciuti ai relatori e ai promulgatori della cittadinanza onoraria, precipitando adesso, incalzati da tutta una serie di carte, sfuggite alla cronaca e a ricercatori poco attenti. L’incredibile ricostruzione “storica” emendata in quella conferenza del 29 settembre 2011, diventa la pietra d’angolo per verificare prima e certificare successivamente, un’ipotesi come certezza, quindi come fatto realmente accaduto, certificato nel merito con l’assegnazione della cittadinanza onoraria. Lo storico che ha dato mandato agli accadimenti, recuperando un articolo del 4 febbraio 1927 ed edito sul giornale L’Impero a firma di Santi Paladino, costruisce il primo basamento sul quale imporre William Shakespeare; dando ad intendere che, attraverso la data di nascita dello stesso autore 23 aprile 1564 era in grado di dimostrare, la nascita siciliana del drammaturgo inglese.
La scoperta per dirsi tale, sarebbe stata quella di aver individuato, dopo attenta raccolta di prove e documenti che W. Shakespeare non era altro che Michelangelo Agno Florio: in quanto, l’unico uomo sulla terra ha nascere in quel determinato giorno. Seguendo e citando quelle ipotesi e suggestioni di Santi Paladino recuperando il contenuto di due sue opere, edite successivamente nel 1929 e 1955. Per dare forza a questa tiritera, si è segnalato il contributo di Enrico Besta 1950, anch’egli affascinato da una simile ipotesi; giungendo, al nostro professore Martino Juvara che rimane sulle medesime posizioni dei sopracitati autori, pubblicando nel 2002 un’opera intitolata, Shakespeare era italiano. L’appunto dello Juvara, nasceva da tutta una serie di supposizioni annacquate, su posizioni più o meno dotte che lo convincevano sempre più di essere nel giusto. Qualche anno prima, come rivela l’architetto Nino Principato nel comunicato della conferenza stampa in oggetto, un articolista inglese che scrisse l’8 aprile 2000 nell’autorevole Times, tale Richard Owen, “Shakespeare fin dalla giovinezza, mostrava un piglio particolare per la letteratura poco comune: appena sedicenne conseguì un diploma di merito sulle materie di storia, latino e greco e appena qualche anno dopo, pubblicò l’opera che attesterebbe la sua nostalgica rivelazione, d’essere messinese, intitolata “Tanto rumore per nulla.”
Nelle teorie di Paladino e Juvara poi, riprese successivamente da altri, si segnalava che, il presunto siciliano, fu perseguitato a causa del padre, di fede calvinista. Costringendolo a girovagare per l’Italia: ritornando a Messina all’età di 21 anni. Il suo girovagare per il mondo gli garantì quella “sapienza” indispensabile per strutturare le sue commedie. Stabilitosi in Inghilterra, per le sue idee religiose, preferì cambiare nome, costruendosi un particolare piedigrì attraverso uno stupefacente anagramma: Crolla – Lanza uguale, Shake – Speare. In un contesto limitato a quello che è stato segnalato, senza altre prove, tutti saremmo indotti a spenderci qualche euro, sulla combinazione su edotta. Il problema sta nel fatto, che un personaggio come quello trattato non è passato inosservato nella storia. Prima di quanto si possa immaginare, molti autori si sono accorti che c’erano delle incongruità, che rendevano affascinanti dei chiaro scuri intrisi di mistero. Per tanto, si è creata una bibliografia, talmente ricca, da demolire qualunque iperbole non corretta sul tema. Il nocciolo della questione pur girandoci attorno, verte sulla traduzione del nome Shake – Speare che in italiano suona crollar di lancia. Individuare un potenziale personaggio che porta si fatto nome, appare non una coincidenza, ma una prova assolutamente certa che trattasi della stessa persona. La presa di posizione della conferenza stampa non tratta ipotesi, ma certezze. Per il relatore quelle ipotesi sono prove certe, inconfutabili ed inattaccabili. Bene, purtroppo sono costretto ha smantellare tutta l’impalcatura, costringendo a scendere da essa, tutti gli operai che frettolosamente si accalcano per salirci sopra. In vari appuntamenti e in giro per i caffè messinesi, si continua a prendere posizione, sulla possibilità di veicolare questa millanteria. Dalla storiografia, invece, trapela qualche cosa di molto diverso, che rende questa posizione tenuta a Messina indifendibile. Dal bagaglio culturale messo in campo……, e da ipotesi di studio corrette come prove, si ha la percezione del valore del relatore……, quindi, da un complesso di ghirigori non si possono definire altrimenti queste presunte prove, che danno come risultato, meno che niente; ma delle quali, si è giunti a prove sacrosante. Tutto viene scalzato, qual’ora venga debellato il teorema dell’anagramma, perpetrato a dir di questa gente, dallo stesso William Shakespeare. Allora, mettiamo i famosi puntini sulle i, incominciando a precisare che, il nome Shakespeare non solo, fa parte della onomastica inglese, ma possiede tracce in Francia e in Germania. Shake speare ha origini Normanne. Ci stanno carte e documenti che lo trattano e lo mettono in evidenza; eccone un breve stralcio.
Secondo quanto asseriva Joseph Quincy Adams in una sua opera, intitolata: “ A life of William Shakespeare,” edita nel 1923, e successivamente riveduta e corretta, nella sua terza ristampa sotto il titolo di “The name of William Shakespeare a study in orthography,” edita da John Louis Haney nel 1969 a p. 1 la vicenda era così svelata: attraverso gli studi di Mr Lionel Cresswell, si indirizzano con particolare attenzione sul codice MRS – CC, dal quale fondo ( atti matrimoniali) si estraevano i nomi dei personaggi Simon Shakespeye 1260 e quello successivo di Geoffrey Shakespeare 1268; non che ancora, un altro Simon Shakespear in data 1278. Gli autori inglesi, attraverso questa cronologia, erano esortati a credere, di aver individuato una certa discendenza: attraverso questa discendenza familiare, incominciarono a sondare altre combinazioni ed altri documenti. La chiave di ricerca erano gli archivi matrimoniali: in essi si stava per svelare il mistero, segnalato proprio dall’architetto Nino Principato, il quale faceva notare nella conferenza, l’apposizione di un trattino a congiungere il valore di Shake – speare, per acclarare un potenziale pseudo nome senza verificare le variabili. Lo studio segnalato a nome dello storico Holder, mettava alla luce, un cognome, recuperato dal fondo dello Judical Case nel 1278 – 79, intitolando il suo articolo: The surname a John Shakespeare who in 1279 was living at freyndon. Ma uno studio veramente interessante, ci viene proposto da William A. Read, dal titolo “Studies for William A. Read 1977 nel quale, si individuava due percorsi storici, identificati: dal 1176 al 1350 dove aiutandosi da numerosi atti matrimoniali, stabiliva una costante, in cui il nome Shakespeare veniva segnalato ripetutamente in numerosi codicilli. E di conseguenza, praticava nel periodo storico successivo, compreso fra il 1350 al 1457, tutta una serie di titoli e documenti chiarificatori, sulla natura di quel nome “ Shakespeare.”
Andiamo con ordine: già alla fine dell’800, alcuni osservatori e bibliografi inglesi, si erano accorti della segnatura Shake-speare motivando a loro volta non un anagramma, ma invece, una interpretazione etimologica. Osservavano che questo fenomeno, era molto comune fra le genti normanne e sassoni: ovvero, quello di interpretare la radice nominale di un nome straniero, molte volte germanico, coniugandolo e trasformandolo in inglese. Da che, osservavano, attraverso notevoli documenti, senza fare ipotesi dunque, tutta una serie di variabili onomastiche. A p. 79 dell’opera di William A. Read, si confermava che il surname Shakespeare poteva dipendere da un altro surname : il cosi detto Levelances estrapolato dalla nota, in rapporto al “christian name Simon of Levelances and Shakespeares.” La trasformazione del name o l’evoluzione più semplicemente, occorsa nel periodo 1350 fino al 1457, permetteva di osservare e giustificare si fatta combinazione. Si recuperavano nel frattempo in questo studio, le ipotesi francesi e tedesche. Ciò a dire che nel XIX secolo, già esisteva una ricca aneddotica sviluppatasi in Francia e in Germania, sulla questione Shake-Speare, cioè non una novità di recente costituzione. Aiutandosi con alcuni contributi di Joseph Quincy Adams, andarono a studiare delle tracce, costituite nella diocesi di Bayeux: ovvero delle cedole di alcune decime ecclesiastiche, intestate a taluni personaggi, più o meno interessanti in rapporto a questo studio sul significato di shake – speare. In questo fondo, andavano a recuperare alcune monete appartenute al re Riccardo cuor di leone: una ridotta emissione datata dal 1195 al 1198 coniata da William Sakeespee. I fondi, furono sigillati ed emessi presso la diocesi di Neighboring da parte di Roger Sakespee.
Nella tradizione Normanna di Francia e quindi, nei fondi riconducibili al suo territorio, studiando altri atti matrimoniali e carte giuridiche, osservavano che in nome Shake [ shak ] corrispondeva all’omonimo Sacquer, discendente in Sakier ( così si scriveva questo nome, nella regione settentrionale della Francia, “ Nothern French”). Mentre, osservando altri codici emessi nello stesso tempo storico, questa volta nella Central French centro della Francia, il nome si trasformava in Sachier per essere tradotto: tirare “tirer” e la radice nominale èpèe = corrispondeva alla traduzione di spada, buona lama. Gli autori giustificavano queste combinazioni, in rapporto alle mansioni e ai mestieri, di alcune manodopera che venivano successivamente, additate come soprannomi. I copisti, meglio conosciuti come amanuensi, trascrivevano nei registri quei valori nominali, trasformandoli in veri e propri cognomi. Così poteva accadere che un soprannome venisse letto, successivamente come un vero e proprio cognome, per designare un ceppo familiare. Gli autori Inglesi e francesi in tal modo, individuarono una componente familiare di epoca medievale, conosciuta sotto l’appellativo di “tirar di spada.”
Questi autori si muovono su documenti d’archivio, dai quali è possibile rintracciare tante variabili nominali, emesse molti secoli prima che un William Shekespeare comparisse in upon Avon Stantford. Gli autori francesi allo stesso tempo, rivalutavano un motto conosciuto dagli antichi cavalieri medievali, segnalando una formula qui studiata: “ sasquer les armes et prendre les armes.” Forti di questa invettiva praticamente cavalleresca, potevano giustificare il principio, che alcuni scudieri, particolarmente meritevoli, ebbero modo di esporre quelle insegne e in tal modo, di essere ad esse associati. L’evoluzione segnalavano alcuni autori di questo fenomeno grafico, trasformò questi meriti, in una vera e propria messe di sfumature nominali, ben presenti alla storiografia anglo-francese. Queste materie erano possibili dallo studio ripreso successivamente, da autori che volevano giustificare una certa affinità fra diversi miscugli, inquadrandoli in una materia, la folk-etimology raccogliendo i così detti, similar sounding english name shake-speare [ W.A.Read p. 80 ] avvalendosi, di alcune genealogie normanne derivanti dal nome Sakeespiee. Faceva notare W. A. Read che l’Adams aveva comparato le sillabe del nome Saque a suo dire, corrispondenti al valore Sak scritto con la K, identificando in questo modo, non solo una variabile ma, una vera e propria formula lessicale, presente nel linguaggio medievale inglese XII secolo. La comune forma Sak – Sake, deriva dai fondi del codice OE, in cui v’è inscritta sotto la parola scacan [ J. Q. Adams p.6]. Read, segnalava, aiutandosi con un altro codice, il MnE, seguendo le direttive ortografiche di R. Jordan 181, che in questo fondo manoscritto, si seguiva una differente ortografia, la quale prevedeva, nel caso di Sake, il valore di Shake; in quanto che, veniva apposta una grafia con segno sincopato sulla S, uno stilema grafico riconducibile al valore del segno Sh appunto. Da ciò si otteneva che, l’antico nome normano Sakeespee, corrispondesse al valore inglese (Sh)-šakeespee, favorendone, allo stesso tempo, la lettura e l’omologazione avverbiale, oggi perfettamente ottenibile con il moderno vocabolo inglese shake.
Eccezioni a parte, la ricostruzione storica in atto, prende in visione contributi antichi, attraverso l’utilizzo dei quali, spiegando quelle variabili oggi perdute nel merito, danno forza, alla verità storica che vuole il cognome Shakespeare essere un corpo, assolutamente vivificato nelle terre dell’antica Inghilterra e non dalla macchinazione di un disperato calvinista, in fuga da se stesso e da Messina. Esiste un fondo importantissimo fra i tanti nominato, ricondotto alla raccolta trecentesca del Calendar of the Charter Rolls del 1310 segnalato a pagina 82 da J. Q. Adams nella sua opera in terza ristampa. Dove, recuperando quanto detto fino ad ora, inseriva le famose variabili nominali, in rapporto ai nomi: Sakespeie, Sakespey, Saxpey, Sakespeie per giungere fino a Shakespeare, come previsto dallo stesso Adams a p.5 nella quale raccolta, l’utilizzo della š determina, il cosi detto valore sillabico sh e quindi, oggi dovremmo trascrivere tutti quei cognomi non nella formula sake, ma ben si, nella forma shake. Ricordo ancora, in fondo a tutta questa ricostruzione storico lessicale, che la base di partenza, sono quei personaggi segnalati prima e vissuti in un epoca in cui XIII secolo, il nomade calvinista non era neppure nato. Quindi esistevano nella memoria archivistica inglese, tutta una serie di personaggi che apponevano sui documenti di pertinenza, il loro nome in Shakespeare ben prima che venisse anagrammato in Crollalanza.
Valga per tutti, quel Wuilliam Shakespeare, nato o morto, secondo quanto segnalato da Joseph Quincy Adamas nel lontano 1923, nell’atto datato 1279.