Riscattare Messina dal ricatto della Lobby dello Stretto

di Roberto Gugliotta

La lettera di Emilio Fragale sulla tristemente famosa “cappa” individuata da Monsignor Calogero La Piana che a suo dire controlla tutto e tutti, che impedisce lo sviluppo per poter dominare tutto ha dato il via a una serie di commenti sui mali di Messina. Concordo con Fragale quando sostiene che l’autorevolissima voce di Monsignor La Piana rischia di fornire il pretesto a processi di semplificazione nella lettura di una realtà sociologicamente più complessa. Però temo, tuttavia, che il sottosviluppo culturale, sociale, economico di Messina possa d’ora innanzi essere ricondotto alla “cappa” (che nel coprire … legittima, giustifica, assolve). No, questa città ha tanti mali che non possono essere riconducibili solo al ruolo svolto dalla massoneria. Ogni pezzo istituzionale ha le sue debolezze e le sue strane amicizie. Qualche modesta osservazione: forse due vescovi sarebbero troppi, ma quello che c’è qualche demerito deve pure averlo se dal Vaticano arrivano segnali poco confortanti – si mormora che monsignor La Piana cambierà città ma se non accadrà si ritroverà “commissariato” – non credo per colpa della massoneria. Mi viene il dubbio che costituisca un problema qualcuno che è rimasto, ovvero il sindaco Accorinti. Messina è senza guida politica: non bisognerebbe esagerare né con l’ingratitudine né con la supponenza: sono le stesse telecamere che illuminano i volti, quasi sempre indimenticabili, di Signorino e di Perna tanto per citarne due a caso, l’effetto è però sempre diverso. Ci lamentiamo dei tempi che furono ma gli amministratori attuali che hanno fatto per cambiare il corso delle cose? Per cancellare le vecchie cattive abitudini delle nomine calate dall’alto? Per dare pari opportunità a tutti? Hanno bandito concorsi pubblici o migliorato lo stato dei servizi sociali? Voglio dire che c’è ovviamente posto per tutti: e che se un “rivoluzionario” è un po’ fesso, l’andata via di Genovese o Buzzanca non lo renderà più vivace e penetrante. Le occasioni favoriscono le carriere, e anche le vincite alla lotteria: ma tra chi mastica politica e pubblica amministrazione e i comitati di lotta ci sarà sempre qualche differenza. E non sarà sempre colpa della massoneria se due più due non fa cinque. Alcuni grandi temi di crescita civile si stanno proponendo in questi giorni all’attenzione della comunità e delle forze politiche: la violenza mafiosa, l’inquinamento dei palazzi e le regole che devono valere per tutti. Altrimenti si arriva al collasso e all’imbarbarimento dei costumi. Non sono temi nuovi; di alcuni di essi si discute da anni, ma per tutti esiste un problema di adeguamento allo sviluppo della società. Nella diffusa noia proveniente dalla mediocrità del Consiglio comunale incapace di guadagnarsi la paga sindacale questi temi appassionano, creano schieramenti inconsueti, dividono trasversalmente il web. Tutto ciò che è vecchio è verticale mentre una delle caratteristiche del nuovo consiste nella sua trasversalità. E se ammettiamo anche solo per un momento che l’Arcivescovo abbia certificato una sacrosanta verità chi – scosso nella coscienza – sarà disponibile a testimoniare sulla propria esperienza che la libertà politica, la libertà di impresa, la libertà di stampa, la libertà nella ricerca, la libertà nella inchiesta, la libertà nel giudizio, la libertà nello spirito sono stati soffocati dalla cappa delle varie consorterie. Manca soltanto il suono delle campane a stormo, in questa Messina tutta dedita a una sorta di rito liberatorio dalla malapolitica, dopo il crollo della dignità. Nessuna meraviglia: è ovvio che la gente abbia cura del suo particulare, specialmente quando è espresso in milioni di euro. Non si chiama massoneria ma arrivismo, ingordigia, perdita di valori etici. Sei anni dopo le parole di monsignor La Piana nulla è cambiato. Anzi è peggiorato. Può anche darsi che il pubblico ami sentire la stessa romanza (massoneria male di Messina): e se scarseggiano i tenori, si abbia cura che almeno l’orchestra non stoni. E’ questa la società civile che meritiamo? Non credo. E’ anche vero che l’abitudine crea il paladino: la ripetitività di certe facce è come quella dei francobolli… alla fine li noti. Così finisce che tutti abbiamo un alibi. Soprattutto chi dovrebbe, per pudore, togliere il disturbo.