di Roberto Gugliotta
Un pentito di mafia (Maurizio Avola) mi diceva sempre di non credere ai ricchi quando litigano tra di loro. Il suo avvertimento mi torna sempre in mente quando vedo Accorinti e Signorino che fanno (per modo di dire) la guerra ai potentati e alla Messinesità che loro rappresentano. In realtà sono tutti attori della stessa compagnia. Ognuno recita una parte, ognuno ha un ruolo ben preciso, ma nessuno, malgrado le cose terribili che dice dell’altro, abbandona il gruppo. Ci sono i cattivi, ci cono i buoni, ci sono i (presunti) torti. Alla fine, sono sempre lì, sono sempre gli stessi, si ritrovano al Comune, all’Università, al Policlinico, al Teatro Vittorio, alla Confcommercio e persino nelle feste comandate, a gestire il potere, i soldi, tutto quanto fa spettacolo col popolo bue a guardare. Non credete ai rivoluzionari mecenati, non credete a quelli che sostengono di perder denaro per il bene degli ultimi. In realtà il gestire la quotidianità di noi tutti – disservizi compresi – rappresenta un grande affare e non ci sono differenze tra i suoi manovratori. Che, anzi, si coalizzano subito se qualcuno, dall’esterno, vuole mettere becco nei loro affari. Basta vedere come avvengono le nomine e le epurazioni… oppure come si passano i nomi, gli uni con gli altri, di professionisti e giornalisti da cancellare, perchè non omologati. In questi ultimi tempi sto seguendo la fragorosa carriera di un professionista prestato al pallone dell’ultima generazione. Mi sono sempre chiesto il perchè avesse così successo. Così, a occhio, non mi pareva un’aquila. Ha successo perchè è un signorsì. Quindi può stare nel teatrino dei potenti.