E ADESSO LA PAROLA PASSA AI MESSINESI

di Roberto Gugliotta

Il sindaco di Messina è diventato meno bizzarro. E’ un giudizio positivo, è un giudizio negativo, questo? Né l’uno né l’altro. Non è un giudizio, è un tratto descrittivo neutro. Di quelli che usano i sociologi, gli antropologi quando vogliono descrivere obiettivamente una società. Una delle poche cose che si capiscono del suo movimento, è che si tratta di una grande sagra della politica buddace popolare. Dunque, non si può capire quello che è accaduto se non si tiene presente il fenomeno paesano della serietà riveduta e scorretta del sindaco. Guerra, pace, tir, flotte, amore, fede e religione. Che c’era, una volta; anche se i dotti professoroni dell’Ateneo peloritano hanno avuto l’enorme torto di non studiarlo abbastanza (anzi, di non studiarlo affatto). Sindaco sì, sindaco no. Quando la città era città, quando i luoghi di incontro erano veramente spazi aperti e non prigioni si permetteva ai ragazzi di sognare, di creare, di giocare. Oggi non è più possibile concedersi questo lusso: la speranza. Oggi grazie al sindaco è obbligatorio incazzarsi, litigare, dividersi tra rivoluzionari e normali. Ma come: si è incazzato il professore Renato Accorinti, si è incazzato il promotore finanziario Elio Conti Nibali, il medico Rosario D’Anna, anche padre Felice Scalia si è testé incazzato e tu ancora no, cosa aspetti? Sentita la predica, il messinese “normale” la smetteva di schiamazzare nottetempo con gli amici. Metteva la maglietta No Ponte, camminava composto, salutava con deferenza. Essere sindaco di Messina però è anche altro. Soprattutto altro. Niente follie, niente sorprese. Niente scalate sul Pilone di Capo Peloro. Niente strappi: né all’abbigliamento, né all’arredamento di Palazzo Zanca, né all’arrangiamento delle delibere. Soprattutto, niente fuffa creativa. Certo, qualche sberleffo alle spalle, da parte degli amministratori incazzosi, non si può evitare. Ma è importante che resti fuori della cerimonia. Senza disturbare la cerimonia nuziale fra Rivoluzione dal basso e la Messinesità da operetta. E’ stato un matrimonio d’ amore, è stato un matrimonio di convenienza? E’ stato un matrimonio di convenienza. E come in tutti i matrimoni combinati: poca spontaneità, molta ipocrisia. Come tutti gli avvenimenti che partono da molto lontano, il sindaco è arrivato stremato in vista di se stesso. Tutto ha contribuito a farlo diventare eccessivo in questi ultimi mesi. Chi lo consiglia non vuole il suo bene: quel tam tam pubblicitario, la vecchia voglia del sindaco di celebrarsi sempre e comunque mescolando slogan e cemento, traffico e contorsioni mentali, l’essere a tutti costi una prima donna è diventato quasi un modo fastidioso di essere Accorinti. E se guardate bene, in strada, in ufficio, sul tram, quel ormai obbligatoria incazzatura da cittadino senza speranza la troverete dovunque. Forse anche dentro di voi. E non è una vittoria frutto di una rivoluzione dal basso. D’altra parte non c’è molto da meravigliarsi; la politica è il gioco dell’uomo, quello che si gioca nello spazio più ampio, cioè con libertà quasi totale di movimento.