Caro Roberto Gugliotta
non sopporto la mafia ma soprattutto non sopporto l’antimafia fatta per mestiere…. nelle piazze, nei convegni, nei dibattiti, nelle cerimonie … che intitola strade, scuole, piazze ecc. Questa vergognosa spendita dei "santini" di Falcone e Borsellino … il tutto per per un tornaconto personale, per aprirsi strade, altrimenti non percorribili con le proprie capacità, che portano o hanno portato a sfolgoranti carriere politiche e amministrative. Basta non ne posso più di vedere in ogni dove la stessa immagine che tu adoperi, di Falcone e Borselino, diventata ormai alla stessa stregua di quella del Che stampata su milioni di magliette indossate anche da persone (ignoranti) lontane anni luce da quella ideologia.
Lettera firmata
E’ uno strano Paese il nostro. E Messina è lo specchio dell’Italia. L’antimafia diventa il miglior biglietto per volare a Roma ma l’illegalità resta impunita. Se questi valorosi professionisti dell’antimafia pur tra mille dibattiti televisivi e non, convegni e prestigiose carriere politiche non riescono a sconfiggere il male, la corruzione, significa che tanto bravi non sono e che dunque non meritano il credito di cui godono. O debbo pensare che il loro merito sta proprio nel non nuocere? Chissà… Gli eroi sono altri! La magistratura non deve combattere battaglie, non essendo un esercito di guerrieri nè una lega di crociati e non avendo nemici da affrontare nè infedeli da convertire o da distruggere, nè feudi da annettere, nè primati da conseguire. Il primato è solo quello dello Stato. Sono forse un povero illuso? Un romantico? Troppo onesto? La magistratura non dovrebbe sostituire nessuno, facendo cose che altri avrebbero potuto fare e non ha fatto, nè dovrebbe colmato vuoti provocati dall’ignavia o dall’inerzia del controllore. La magistratura deve semplicemente svolgere il ruolo ordinario che le è proprio, che è nella Costituzione e che consiste nel ricercare, i fatti vietati dalla legge per verificarli, accertarli e punirli. Ci si accapiglia sul gettone di presenza dei consiglieri comunali ma sull’omicidio del professore Matteo Bottari (gennaio 1998) – tranne questa voce povera e modesta – nessuno apre bocca. Sembra, insomma, dall’alto e dal basso, che Messina dopo un periodo di rivolta morale stia lentamente tornando a quella miscela di furberia e rassegnazione che ha punteggiato negativamente la sua storia. Mentre l’unica strada maestra sarebbe quella di creare nuovi ed efficaci istituti di Responsabilità, di Trasparenza e di Controllo.