I sommersi e i salvati, sei anni dopo: qui, nella Messina dell’alluvione del 1 ottobre 2009. La storia di Antonino Caruso, residente a Briga Superiore, costretto a lasciare con la famiglia la propria abitazione, perché dichiarata inagibile, per i danni provocati dall’alluvione. Oggi il signor Caruso è ancora senza casa ma da quel disastro ha ereditato un pesante fardello: condannato dal tribunale di Messina a pagare l’affitto dell’abitazione temporanea ricevuta dopo l’emigrazione da Briga Superiore. E’ il solito spaccato dell’Italia di sempre? I furbi e gli umiliati, i burocrati e i maltrattati, gli speculatori e i giusti? In parte, probabilmente, è così. Se non altro perché c’è chi ha avuto e chi deve ancora avere, chi minaccia di citare a giudizio il Comune, chi in giudizio ci finisce per colpa di promesse mai mantenute dalle Istituzioni preposte a risolvere, in tempi brevi, il rientro nelle proprie dimore degli sfrattati post alluvione. Il caso della famiglia Caruso è uno dei tanti paradossi di questa città scartata da Roma. E si mormora che dietro alle tragedie ci siano oggi gli interessi di amici degli amici. Come per esempio le case messe a disposizione per provvedere all’emergenza. Solo cattivi pensieri o sotto sotto c’è dell’altro? Ma intanto le famiglie mandate via dai luoghi dichiarati inagibili dalla Protezione civile restano in uno stato precario tra il peso di non conoscere il proprio futuro e i cavilli del codice che li condanna per morosità perché come si dice in questi casi la Legge non ammette ignoranza. Per cosa? Per essersi fidati di burocrati troppo accomodanti o di politici buoni solo nei giorni della tragedia di rassicurarli che non sarebbero mai stati abbandonati dalle Istituzioni? E invece nulla di tutto questo è successo. Come nel caso della famiglia Caruso condannata alle spese per morosità. E i soldi promessi per sistemare le loro case, quelle dimore dichiarate inagibili non sono anche quei finanziamenti dei compensi di morosità da parte dello Stato? La legge non ammette ignoranza, d’accordo. Giustissimo. Occorre rispettare i contratti. Però, nel frattempo, perché non fare chiarezza e dare giustizia alla famiglia Caruso? Devono pagare l’affitto della dimora ricevuta dopo la tragedia ma non hanno ancora il permesso di tornare a Briga. Storie di ieri, storie di oggi. Politici-avvoltoi, capaci di sfruttare le disgrazie per farsi pubblicità a buon mercato, trasformando una catastrofe in una gigantesca operazione di marketing? Istituzioni che promettono e non mantengono o che, nella migliore delle ipotesi, offrono solo una solidarietà "pelosa". Parole di ieri e di oggi. E la parola da non pronunciare, da bestemmiare, adesso, è "burocrazia”. Perché, finora, le cose sono andate davvero male: da beffa. Abbiamo cominciato come peggio non si poteva la ricostruzione di quell’alluvione. La reazione della gente rimasta senza casa o senza lavoro è perfettamente comprensibile. Ma presentarsi con un pacchetto di milioni e milioni di euro e dire ‘non vi preoccupate, pensiamo a tutto noi, dormite tra due guanciali’ è da irresponsabili. E’ la maniera migliore per moltiplicare i disastri, per creare una pericolosa illusione di sicurezza, per evitare scelte che non possono essere rimandate. La verità è che bisogna agire, è necessario far sentire ai cittadini che non si è dimenticato che cosa è successo. Insomma, fischi, fischi per tutti. E un grande urlo: "Fango". Parole come pietre, che indicano solo una cosa: nella ricostruzione del dopo-alluvione non tutti hanno fatto il loro dovere. Soprattutto le istituzioni, non sempre sono state all’altezza della situazione. Ma i conti li devono saldare i Caruso: vergogna!