di Roberto Gugliotta
Sono consapevole che di questi tempi dare un brutto voto al sindaco Accorinti può essere un gesto da paramafioso. Ma perché adesso, ma cosa c’è sotto e via dicendo. Fa nulla, correrò il rischio. Anche perché ho scoperto di vivere in una città dalla memoria corta, dove si fregano porzioni di territorio (ma nessuno si scandalizza), si danno incarichi tra di loro (calpestando le regole di buona decenza), si mette alla berlina chi compie il proprio dovere (Nina Lo Presti) e allora tanto vale mettersi il cuore in pace per le nostre anime. Noi che non aduliamo Accorinti siamo dei paramafiosi, loro, invece, che la mafia la combattono tutte le ore del giorno e della notte, loro che hanno rischiato la vita per garantire il rispetto delle regole e delle pari opportunità, sono dei paladini del Palazzo e guai chi osa parlare. La verità è che ci si abitua a tutto. Anche abituarsi a tutto è un’abitudine, come la focaccia e la mezza con panna. Ci si abitua ai concorsi truccati, alla spazzatura per strada, all’erba alta lungo i marciapiedi, alle cavolate degli assessori sulle qualità taumaturgiche del sindaco mentre i cittadini affogano nella merda. Eh sì, ci si abitua proprio a tutto anche alle bugie spacciate per verità. Capisco che dover pensare a tutti i suoi milioni di fans sia una bella fatica ma ridurre tutto a chi non è con noi è un paramafioso è troppo da somari. Persino il buon Cuffaro è stato più originale negli slogan: la mafia mi fa schifo! Sì, con tutti quegli intellettuali in truppa possono argomentare di meglio e sono certo che lo faranno nelle prossime puntate. Non escludiamo nulla. Ormai non si può credere nemmeno a quello che si vede e si sente. Corre voce, infatti, che a Messina da quando c’è Accorinti si respira meglio, si viva meglio, si lavori di più: mi chiedo ma il falso è vero, se tutti ci credono? E il vero non è vero, se nessuno ci crede? Grandi rivoluzionari vi voglio un ben dell’anima: ci vuole comunque un bel fegato a negare l’evidenza. O forse basta farci l’abitudine.