La legge Acerbo ripescata da Renzi

di Claudio Andò

Nei primi mesi del regime fascista, Mussolini sottopose il disegno di legge della nuova legge elettorale a una commissione di saggi, tra i quali figuravano ex presidenti del Consiglio come Giovanni Giolitti e Ivanoe Bonomi o uomini di levatura come Alcide De Gasperi, Antonio Salandra e Filippo Turati. La legge Acerbo introduceva un premio di maggioranza per il partito che avesse superato il 25% dei voti, assicurando in virtù di questo risultati i due terzi dei seggi. La commissione, pur in seguito ad accese discussioni, rimandò il testo in Parlamento nel suo impianto originale. Quindi, lo scontro proseguì alla Camera, dove le opposizioni si schierarono a favore di un emendamento, poi stralciato, che avrebbe aumentato al 33% la soglia per l’ottenimento della maggioranza qualificata dei seggi. Allora il governo guidato da Mussolini optò per la questione di fiducia, che passò alla Camera assieme al testo blindato. Infine, il Regio Senato ratificò la decisione presa a Montecitorio, approvando in via definitiva e senza rinvii la legge elettorale. A distanza di 92 anni, la storia sembra ripetersi. Va detto che con l’Italicum si parla di un quorum più alto (40%) e di un premio di maggioranza,che da si la maggioranza assoluta,ma che si limita al 55%. Per ammissione anche di vari costituzionalisti non si può neanche paragonare paragonare la legge Acerbo e l’Italicum per il contesto storico completamente estraneo: durante il periodo fascista si aveva una costituzione flessibile come lo statuto Albertino, ora con la Repubblica si ha una costituzione rigida. A destare scalpore è però stata, come ai tempi di Mussolini, la richiesta di fiducia alle camere. Cosa che nessuno prima di lui, (a eccezione della legge truffa nel ’53) neanche Berlusconi con il “porcellum” aveva osato fare. La scelta di Renzi appare, oltre a voler garantire un futuro solido al Pd, una sorta di epurazione interna, un modo per poter “stanare” i dissidenti e i non conformi al suo pensiero, prima che sia tardi.