di Nicola Currò
Non ha mai nascosto il fastidio per tutte le volte che recandosi a Palermo viene trattato come un uomo qualunque e per questo rifiutato dalle istituzioni che nei propri palazzi, senza adeguato vestiario, proprio non vogliono vederlo. Da qui l’idea folle di Accorinti, per il momento sussurrata ad alcuni aficiodanos del suo staff, che potrebbe mettere in totale fibrillazione il sistema politico siciliano.
Renato Accorinti è soddisfatto di quello che sta facendo per Messina, la vede "fuori dal tunnel", passata "dal bianco e nero al colore", sottoposta a un "cambiamento culturale". Una fotografia che non molti cittadini messinesi sembrano condividere e che si affianca a quell’immagine della città sporcata da mafia, criminalità, rifiuti, tensioni politiche, inefficienze, buche e rattoppi vari. "Messina è un po’ come quel paziente che sta male, deperisce e però non si capisce qual è il problema. Poi arriva un medico bravo, e trova un ascesso in punto nascosto. E Messina – il paziente – comincia immediatamente a migliorare. Certo ci vuole un bravo medico, e io lo sono – afferma il sindaco. Ho scoperto l’ascesso nel punto più nascosto, nel cuore di Palazzo Zanca e sono intervenuto. Ora il paziente può soltanto guarire". Per questo, secondo Accorinti, Messina è "già fuori dal tunnel, quello che stiamo facendo è anche un cambiamento culturale importante. Messina è sempre stata considerata un simbolo del parastato, dello statalismo più deteriore. Ecco ora dobbiamo convincere tutti che non è più così. Dobbiamo convincere i cittadini che con questa amministrazione sta avvenendo un cambio culturale che riguarda tutti, senza eccezioni, che c’è bisogno che tutti facciano un po’ di più. Dobbiamo lasciare ai nostri figli una Messina migliore di quella che abbiamo trovato".
All’intervistatore che gli fa notare che in città non si respira quest’aria di rinascita, Accorinti dice che a Messina "ora è cambiato tutto. Era una città in bianco e nero e ora ha i colori. Era una città dove dominavano gli infiltrati della malavita nella politica cittadina e ora grazie alla Procura si respira aria nuova. Con la giunta Buzzanca non c’era un bilancio, quest’anno lo abbiamo fatto in anticipo. Abbiamo dato una grande sfoltita alle società partecipate dal Comune; stiamo dando un grande impulso alla raccolta differenziata dei rifiuti: ora siamo sopra il 40 per cento, e l’obiettivo è quello di arrivare all’ottanta per cento entro il 2030". E’ in forza di tutte queste cose che Accorinti ha maturato l’idea folle di cui dicevamo all’inizio. "Comprendo – afferma il sindaco – e condivido l’orgoglio di Palermo come capitale, ma se dobbiamo andare a misurare il palloncino dell’orgoglio, allora, il nostro ha un diametro un po’ più grande. Palermo l’abbiamo fondata noi messinesi, e fra pochi giorni festeggeremo il nostro compleanno n° 2768" ricorda il sindaco, aggiungendo che "sì, è vero che Palermo è una città con una grande storia ma adesso è giunto il momento che ceda lo scettro di capitale alla città di Messina. Che lo nostra città, con la mia amministrazione, abbia acquistato il piglio della capitale è ormai evidente agli occhi del mondo".
Evidentemente si tratta di un articolo parodia che abbiamo liberamente tratto e adattato da un’intervista a Ignazio Marino pubblicata su L’HuffingtonPost. Il motivo? Dimostrare che la demagogia ideologica di alcuni sindaci – Marino a Roma, come Pisapia a Milano e Accorinti a Messina (ma l’elenco potrebbe continuare) – non ha confini territoriali: tutti loro credono di essere ottimi amministratori nonostante le città che amministrano stiano diventando, via via, degli invivibili inferni.