
Non è facile trovare un testo che riesce a spiegare con facilità il momento storico che stiamo vivendo, credo di averlo trovato, si tratta di “Il popolo e gli dei. Così la grande crisi ha separato gli italiani”, Editori Laterza (2014), scritto da Giuseppe De Rita e Antonio Galdo. Sono 100 pagine divise in tre capitoli, scritti con chiarezza dagli autori.De Rita essendo fondatore e presidente del Censis è considerato tra i più autorevoli osservatori delle trasformazioni economiche, anche Galdo mi sembra abbastanza esperto. Il testo descrive la grande crisi economica che sta attraversando l’Italia e non solo. Siamo stati investiti da una rivoluzione di carattere antropologico, scrivono i due giornalisti. “Abbiamo coltivato più sobrietà. Più razionalità. Più misura, come stanno a dimostrare alcuni cambiamenti negli stili di vita e tutti gli indicatori di consumo”. Nello stesso tempo però siamo caduti nella rabbia e nell’invidia sociale. Siamo un popolo fragile e polverizzato, esposto ai rischi prodotti dal potere cieco dei mercati, dal furto di sovranità, dalla crisi della rappresentanza, per gli autori del libro, sono,“le tre grandi fratture che segnano l’Italia di questo tempo”.
Nel 1° capitolo si discute del furto della sovranità. E ci si chiede:“dov’è il potere? E dove si colloca la sovranità?”.Gli italiani hanno capito che chi detiene il potere reale nel nostro Paese, sono sedi lontanissime da noi, come l’UE e i mercati finanziari internazionali. In pratica la politica perde il suo primato a favore della finanza. “Nessun soggetto politico (Stato, parlamento, partiti) e nessun soggetto socioeconomico (associazioni di impresa e di categoria, sindacati) e più padrone di una strategia d’azione, e tutti si ritrovano esautorati dal potere impersonale dei mercati finanziari”.
Lo Stato-nazione, è finito, come pure l’”intera catena della sovranità, dal parlamento agli enti locali, dal governo centrale alle amministrazioni sul territorio è stata svuotata”. Il risultato più clamoroso di questo svuotamento è che “le regioni sono state trasformate in gigantesche Asl, con la spesa sanitaria pari a circa l’80 per cento dei bilanci regionali”. E poi le province in via di liquidazione, i comuni dove hanno dovuto aumentare di ben cinque volte, le cosiddette “tasse federali”, come le “tasse sui rifiuti, aumentate del 56,6 per cento rispetto al 32 per cento della media europea”.
A proposito di furti di sovranità, l’attenzione di De Rita e Galdo, non possono che fare riferimento all’Europa, ancora incompiuta, “sospesa tra la realtà di una semplice alleanza economica tra singoli Stati e l’utopia di un vero Stato federale”. La sovranità italiana è evaporata, in “eterocefalia”, così definita da Max Weber. “Un caso classico di eterocefalia è rappresentato dalla lettera, con perentorie prescrizioni, inviata dalla Banca centrale europea al governo italiano nell’agosto del 2011, durante gli ultimi mesi di vita del governo Berlusconi: un documento che ha di fatto commissariato un governo…”. Tutto perché, “lo chiede l’Europa”. Il vincolo del pareggio del bilancio, ormai è l’unico obiettivo dei governi italiani. Pertanto, “dal giorno in cui ha ricevuto la lettera con le prescrizioni della Bce, il governo italiano – ha dichiarato con la sua onestà intellettuale il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi – ‘in materia di consolidamento dei conti e di politica fiscale viaggia con il pilota automatico’”, il tutto saldamente nelle mani di Bruxelles e di Francoforte. Il 75 per cento degli italiani ha pochissima fiducia nell’Europa, è convinto che l’Italia non conti nulla all’interno dell’Unione. Per i due economisti, “la sovranità, si è spostata verso i gironi opachi e incontrollati della grande finanza internazionale, quella che orienta, giorno per giorno, secondo dopo secondo, il nuovo dominus: il mercato. Per i due giornalisti, “è il mercato che ci chiede di tenere il debito pubblico sotto controllo, di riformare il welfare, di allungare l’età pensionabile, di rivedere gli incentivi alle imprese. E’ il mercato, con i suoi flussi finanziari, con la sua èlite di attori protagonisti, quantificati dal sociologo Richard Sennet in una comunità di non più di 60.000 persone, che orienta la nostra vita collettiva”.
Di fronte a questo scenario, la sovranità come la vede il cittadino, diventa inafferrabile, lontana, apolide, così che secondo gli autori del libro, “il popolo e gli dei non sono stati mai così lontani”.
Per avere una certa idea di che cosa stiamo parlando, o con chi abbiamo a che fare, il testo, cita Lloyd Blankfein, amministratore delegato della banca d’affari Goldman Sach, l’affarista americano ha detto: “Sono un banchiere che fa il lavoro di Dio. Ogni mossa della nostra banca può regolare o disordinare l’andamento delle costellazioni finanziarie e politiche”. In queste dichiarazioni da delirio di onnipotenza, si può cogliere come ormai, i cittadini e lo Stato-nazione hanno perso la sovranità, a favore del potere incontrollato dei mercati finanziari.
In pratica, “un banchiere, gratificato da uno stipendio fino a 70 milioni di dollari l’anno, capo di una banca di investimento che da sola muove i capitali equivalenti al Pil di uno Stato sovrano, si sente investito di una funzione divina”. Naturalmente il popolo non può nemmeno sfiorare, questo potere quasi divino, non può che limitarsi ad obbedire , con un atto quasi di fede, ad un potere così sovrastante e lontano. Peraltro aggiungono De Rita e Galdo, “Goldman Sach non è solo un’influente banca d’affari, uno snodo del sistema finanziario globale, con attivi superiori a quelli della Banca centrale europea: è uno stile di vita, e incarna una visione del mondo con le sue gerarchie”. Addirittura esiste un linguaggio metafisico e dogmatico in Blankfein che sfiora la sacralità e ci proietta nella potenza occulta del mercato: “Arriverà il giudizio universale dei mercati, e dobbiamo temerlo”, Per De Rita e Galdo, si tratta di una frase che abbiamo ascoltato spesso, in questi anni, una frase che per certi versi, “sigilla il dogma di una nuova divinità con la sua ferocia, al di sopra dei nostri comportamenti e delle nostre decisioni”. Credo che sia opportuno continuare, voi che ne pensate?
Domenico Bonvegna
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