MI DIMETTO. ANZI, NO!

A Messina va di moda il “mi dimetto”. Salvo poi far finta di nulla e restare all’incarico dal quale ci si voleva staccare. Chissà poi perché, dato che si rimane. Chissà, sarà colpa dello scirocco o semplicemente l’autorevolezza fa difetto all’autorità? Messina non a caso è ricordata come la città dei buddaci, bocca larga, e se ci fate caso troppo spesso ci imbattiamo con i buddaci. Parlano, parlano, parlano, straparlano senza portare i fatti. Separata dalla passione che ne carica le batterie, la nostra esistenza è il singulto inerziale di un pupazzetto meccanico. Ma a differenza dei pupazzi il messinese dovrebbe ragionare. Se io dico mi dimetto, la logica conseguenza delle mie parole è togliere il disturbo non causarne con la scomoda presenza. Ma a quanto pare il mi dimetto buddace è privo della sensibilità estrema, manifestazioni pura dell’arte di andarsene. Vado via perché con molta onestà mi rendo conto di non essere la persona giusta al posto giusto. Vado via perché amo questa città e preferisco il bene della comunità all’incarico: insomma, si è concluso un buon affare. Ma la sensibilità non è dote di tutti: a parole siamo ricchi ma nei fatti, no. Non è roba da fumetti né di trame da romanzi: il professionista messinese non smette mai di essere pagato anche se dice di volersi dimettere. Come sarebbe rivoluzionario, in tempi non sospetti, guardare il calendario, cerchiare una data e dichiarare: qui smetto. Oggi smetto. La perla dell’assessore Mantineo, straordinaria per tempismo come una battuta dei cartoni animati, è ulteriore dimostrazione dell’inscindibilità tra essere Accorinti e la sua rivoluzione, tra l’animo e la sua proiezione, tra un essere umano che sia dotato di sensibilità eccezionale e l’oggetto del suo amore. Incapace di scrivere oltre, Accorinti dovrebbe mettere la parola fine a un percorso che di rivoluzionario ha ben poco. Neppure le dimissioni. Fedele eredità di quellicheceranoprima. Ma come potrebbe un sindaco buddace essere diverso dalla sua gente? Ci sono persone per cui la propria esistenza è tutto e altre per cui non è che una gabbia, dalla quale volare con la fantasia fino a trovare qualcosa o qualcuno al quale attribuire maggiore importanza. Trascorsi più di due anni dalla sua elezione Accorinti fa fatica a entrare nel ruolo istituzionale: gioca, protesta, rema al contrario. Sembra che il suo solo orgoglio sia salire sulla Vara per catturare l’attenzione dei media. E il lavoro? I servizi sociali? I rifiuti? L’Atm? Boh. Con tutta onestà, non abbiamo compreso molto il suo vangelo. Ci dimettiamo.