
Messina è una città dove è una impresa riuscire a non farsi calpestare da chi amministra. Una città che non ha emozioni né sogni che futuro consegna ai giovani? Eppure questa Messina oggi si mette in prima fila per ospitare i migranti: Comune e Università, due giganti spalla a spalla. Lo confesso, l’apparenza conta: cosa ti colpisce di un luogo a parte l’aspetto? La sostanza: il cuore, il profumo, il sorriso, la creatività. In una parola l’anima. E che anima puoi ritrovare in un luogo dove i successi vengono calpestati per far posto a interessi poco nobili? D’accordo, bisogna pur essere sensibili con chi è meno fortunato, ma a tutto c’è un limite, specie se dietro la bontà d’animo si cela l’inganno. Non a caso abbiamo sotto osservazione i Disservizi sociali. Messina a quanto pare è contenta di vivere nella menzogna. Prendiamo per esempio l’accoglienza agli sfortunati della tragedia di Lampedusa. I fenomeni migratori rappresentano infatti una delle espressioni più significative del mondo globalizzato, creano dinamismo lavorativo e sociale, pongono nuove sfide al concetto di integrazione che spesso, quando passa dalla teoria alla pratica, perde di “appeal” e finisce per sbiadire. I numeri raccontano però una Messina che da decenni è cambiata, in peggio. Una città che fa fatica a restare civile, con politiche a uso e consumo dei cosiddetti affari di bottega, con il passo rimasto spesso indietro rispetto alla portata dei cambiamenti vissuti e lo sguardo offuscato da stereotipi difficili da superare. Non c’è più la cultura del sacrificio né luoghi dove ospitare bene e in maniera seria i meno fortunati. La politica? In parte è ancora schizofrenica, se alla flessibilità dei progetti oppone la rigidità delle Istituzioni: la mancanza di progetti, di sogni, crea una nuova povertà che va oltre il bilancio di Comune o una Università, perché condiziona la nostra capacità di vivere una vita che valga la pena di essere vissuta. Ci priva del rispetto di noi stessi. Già, ma nessuno ha mai insinuato il sospetto di corruzione diretta. Semmai, s’è sempre parlato di oscuro intreccio tra politica e affari. Un vecchio intreccio. Ma chi è che si assume la responsabilità di un giudizio a dir poco bizzarro?