Sono significative le condanne per il crac della vecchia Alitalia nella gestione 2001-2007? E sono significativi i risarcimenti milionari?. Lo potrebbero essere se rappresentassero un punto di svolta per la gestione della cosa pubblica… e non siamo ottimisti. Ma come -più di qualcuno potrebbe dire- in clima di “spending review”, con tagli qui e là, con l’Alitalia che ormai non è più un’azienda dello Stato, un significato -queste condanne- lo devono pur avere… e noi non siamo ottimisti. Perche’? Perchè un fulmine a ciel sereno non significa un cambio climatico a 360 gradi, dove il “ciel sereno” è rappresentato dalla mota in cui galleggia la pubblica amministrazione. I condannati della vecchia Alitalia, quando non erano più responsabili, si sono portati a casa buonuscite gigantesche e, inoltre, nell’attuale Alitalia continua ad essere presente un capitale comunque di derivazione pubblica e, il fatto che nella nuova società sia presente al 49% un investitore estero (Etihad Airways di proprietà degli Emirati Arabi Uniti) non è di per sè garanzia di efficienza tipica delle logiche di mercato. Insomma, la nuova Alitalia è un pastrocchio dove, per tenere in vita il vecchio marchio e la presunta onorabilità di bandiera, non si e badato al colore dei soldi, essenzialmente pubblici italiani e pubblici di un altro Stato che non brilla per democrazia e mercato. Con questo arrangiamento della nuova Alitalia, parlare di rottura con la vecchia e -nel nostro caso- di significative condanne che fanno chiudere col passato, ci sembra azzardato. A questo aggiungiamo il metodo italico di gestione della cosa pubblica che, pur con la pesantezza di queste condanne, non crediamo ne trarrà beneficio. Anzi. E’ una lezione per continuare a comportarsi come prima: tanto alla fine, tra trionfalismo di bandiera, Stati assetati di investire in tutto cio’ che abbia un minimo di odore di Occidente (oggi gli sceicchi degli EAU, domani -perche’ no?- i cinesi o i vietnamiti, per esempio), le male-gestioni nazionali troveranno sempre una via di sbocco (lavoratori contenti, sindacati azzittiti, utenti “chi se ne frega”, trionfalismo nazionalista a go-go).
Perche’, se distogliamo lo sguardo da questa sentenza e lo posiamo su una qualunque azienda pubblica (magari rigidamente spa, ma con capitale pubblico), non possiamo che irritarci la vista nel vedere sprechi, ruberie e, soprattutto, incapacita’ e dilettantismo. E sono proprio questi ultimi due aspetti ad essere i piu’ determinanti: incapacita’ e dilettantismo. Il metodo e’ quello di pescare i “tecnici” tra i compiacenti, di far si’ che le gare di appalto finiscano con le aggiudicazioni sempre ai soliti amici degli amministratori, con preventivi di spesa che, dopo l’aggiudicazione, si gonfiano a dismisura, con le citta’ massacrate da eterni cantieri e lavori finiti che spesso devono essere ripresi dopo un po’ perche’ sono stati fatti male. Ogni citta’, ogni Regione ha il suo cantiere, la sua storia, il proprio dramma. Basta mettere lo sguardo sulle -per fortuna- numerose indagini dei media sulle incompiute, sulle compiute male, sulle eterne “lavori in corso”, andando anche a scartabellare qualche fascicolo nelle varie Procure della Repubblica, facendo lo slalom tra le indagini stimolate da afflato civico e quelle frutto di vendette politiche e/o ideologismi sempre a go-go. Uno sfacelo. E quindi? Quindi niente! Oggi facciamo solo una fotografia e alcune riflessioni. Non siamo tecnici e politici con poteri decisionali. Siamo solo utenti di servizi e consumatori di prodotti: quelli che, ultima e inconsiderata ruota del carro, vivono sulla loro pelle le conseguenze di questo sfascismo istituzionale, politico ed economico. Dovremmo sperare nell’Europa? Dopo i fatti delle macchine tedesche del popolo (volkswagen), siamo perplessi, per il fatto in sè e perchè quelli che contano e dovrebbero controllare (anche se spergiurano che non spettava loro -Ue), sapevano ed hanno taciuto.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc