Scioperi e utenti in ostaggio. Garante: trovare un rimedio. Ma c’è la volontà politica?

Oggi l’Italia, con maggiore concentrazione nelle grandi città, è immobilizzata grazie allo sciopero del trasporto pubblico locale. Gli utenti dei vari servizi sono per l’ennesima volta ostaggi delle specifiche categorie di lavoratori, e relativi sindacati… città immobilizzate, con danni non solo per il trasporto e i trasportati in se’ ma per tutte le attività che sono a esse connesse (praticamente quasi tutto). In materia è oggi intervenuto il presidente della Commissione di Garanzia dell’Attuazione della Legge sullo Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali, Roberto Alesse, che, ha chiesto un aggiornamento della legge attualmente in vigore, al fine di evitare che i cittadini-utenti continuino a essere ostaggi del sistema. Vedremo se l’appello del Garante sortirà qualche risultato. Ne dubitiamo, visti i poteri e gli interessi in gioco, a partire da quelli dei sindacati e per finire a quelli del Governo e dei suoi equilibri coi sindacati stessi. Ogni volta che le città vengono imbottigliate per questi motivi, si pone il problema, e altrettanto puntualmente in tanti dicono che bisogna rimediarvi… finendo il tutto nel dimenticatoio; tanto gli utenti dei servizi sono l’ultima ruota del carro e, anche se dovessero fare sciopero, oltre ai dubbi sulla riuscita in termini di astensione degli stessi, nessuno li prenderebbe in considerazione. L’utente dei trasporti, e l’utente in generale, è un individuo, portatore sì di interessi diffusi, ma impossibile a poter diventare “massa d’urto” ma solo “massa di manovra”: l’utente è un individuo che si manifesta solo in forme individuali. Occorrerebbe quindi una sensibilità civica e politica di chi gestisce le istituzioni e fa le leggi e di chi esercita il proprio diritto di sciopero. Sensibilità che sembra esistere molto poco. I primi (legislatori e simili) si comportano come i tanti di cui sopra (bla bla e tutto come prima); i secondi (esercenti il diritto di sciopero) sembrano insensibili a valutare metodi di lotta diversi, metodi in cui gli utenti non cerchino, come conseguenza, di sputargli in faccia alla prima occasione, ma che possano diventare loro alleati. Facciamo un esempio, pensando alle città bloccate. Il motivo per cui lo sciopero viene considerato solo esercizio di un diritto che si afferma creando disagio a tutti, è che altrimenti, chi di dovere, non prenderebbe minimamente in considerazione le motivazioni dei manifestanti. Vero solo in parte, e secondo noi sempre più minima. Vero, cioè, per “chi di dovere”. Che pero’ non puo’ continuare a ignorare gli ostaggi e le vittime di questo metodo. Anche perchè, questi ultimi, vista l’incapacità delle istituzioni e l’impossibilità di modifica a ogni livello, scelgono di non più partecipare alla vita pubblica istituzionale (non-voto) e cercano il più possibile di arrangiarsi per farsi fare meno male possibile, anche violando le norme del comune vivere civile.
Quindi:
– perchè non fare più cortei che bloccano il traffico ma dispiegarsi in fila indiana per tutta la città? L’impatto mediatico (che conta non poco, ma che oggi è affidato solo alla cronaca dei blocchi e dei disagi: alzi la mano chi -non addetto ai lavori- sa per quale motivo oggi il trasporto pubblico locale ha deciso di scioperare)… l’impatto mediatico sarebbe considerevole. Centomila in corteo…. ve li immaginate centomila in fila indiana?
– perchè, per restare ai trasporti pubblici, invece di bloccarli creando danni al proprio interlocutore e agli utenti, non si fanno funzionare lo stesso creando danno solo alla propria controparte diretta, facendo cioè non pagare il biglietto di trasporto? Certo, con questo metodo ci sono alcune complicazioni economiche per chi fa lo sciopero, che puo’ essere denunciato per danneggiamento da parte dell’azienda di trasporti, ma e’ cosi’ tanto diverso dal non far circolare i mezzi, e non vale il prezzo di un appoggio alle proprie rivendicazioni da parte degli utenti? Fantapolitica e fantacivismo? A noi -fantasiosi- sembrano fuori del mondo coloro che continuano a bloccare le città per rivendicare la giustezza dei propri specifici diritti.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc