di Roberto Gugliotta
Carte di credito clonate, bancomat ammattiti, cittadini paralizzati dalla microcriminalità, paladini "intelligenti" diventati sordi ai bisogni degli ultimi: è lo scenario minimo dell’apocalisse quotidiana, quella che la cronaca ci presenta senza sconti di pena. L’Italia precipita nella disperazione tra truffe, rapine, fallimenti, merce avariata, negozi off limits. Per non dimenticare strade e palazzi spesso non a norma. La ribellione della decenza, del pudore, del rispetto delle regole parte da un difetto dei controlli, programmati a non considerare le cialtronate dei diversamente onesti. Come si dice in certi casi, la memoria è poca e costosa. Siamo bravi a indignarci a delitto commesso ma meno bravi a far funzionare le cose secondo legge. Guardia di finanza, carabinieri e polizia lavorano senza tregua ma non basta per garantire la sicurezza e la giustizia. Guardiamo i notiziari e scopriamo che in quel dato laboratorio c’era proprio tutto l’occorrente per il confezionamento di articoli di abbigliamento contraffatti: etichette, personal computer che, grazie al collegamento con una particolare stampante, era adoperato per riprodurre i falsi marchi sui capi di abbigliamento nonché tute per bambini già pronte per essere immesse sul mercato. E cosa pensare che tra luglio e ottobre di quest’anno, presso l’Area Cargo dell’aeroporto di Malpensa, sono state poste sotto sequestro oltre n. 100 spedizioni postali, tutte provenienti dall’Etiopia, per un totale di oltre 935 Kg circa di Khat, la cosiddetta “droga dei poveri” in quanto poco costosa ma ugualmente pericolosa per la salute e le cui foglie essiccate erano state fatte passare per tè, henné o spezie? Si tratta di un’essenza naturale costituita dalle foglie del Catha Edulis, un arbusto originario delle regioni orientali dell’Africa, ma assai diffuso nella penisola Arabica e che contiene i principi attivi catinone e catina. Le foglie di questa pianta contengono un alcaloide dall’azione stimolante che causa stati di eccitazione e di euforia e che provoca forme di dipendenza, tanto da essere introdotta nel 1980 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità tra le sostanze stupefacenti. Il consumo di questa sostanza avviene tramite la masticazione delle foglie ed il prodotto migliore è quello che si ottiene dalle foglie giovani ed integre, quindi più tenere. In questo modo produce euforia, logorrea, eccitamento, insonnia, effetti afrodisiaci spesso di tipo illusorio, diminuzione del senso di fatica, del dolore, della stanchezza mentale e della fame. Dall’inizio dell’anno, sono stati, inoltre, tratti in arresto n. 5 passeggeri presso i due Terminal aeroportuali (n. 2 di nazionalità romena, n. 1 etiope, n. 1 somalo e n. 1 britannico) tutti provenienti da Addis Abeba (Etiopia) e trovati in possesso di oltre 220 chilogrammi di Khat, celati all’interno di valigie. Il totale complessivamente sequestrato ammonta a oltre 1.100 kg.
Non solo droga nel mirino delle forze dell’ordine ma anche la realizzazione e commercializzazione di articoli di abbigliamento “casual” e di gadget recanti marchi e loghi contraffatti di note società nazionali e internazionali operanti nel mondo del calcio, della musica e del cinema. Nello specifico, nel corso delle complesse indagini dirette dalla Procura della Repubblica – DDA di Roma, è stata ricostruita l’intera filiera produttiva, individuando un articolato network di aziende che, a vario titolo, provvedevano alla produzione degli articoli contraffatti ed alla loro commercializzazione, che avveniva attraverso una rete di negozi “su strada” ma, anche e soprattutto, per via telematica. E proprio grazie alle accurate indagini informatiche espletate sul web che le Fiamme Gialle romane sono state in grado di mappare la complessiva operatività criminale dell’organizzazione. Sono stati, così, scoperti diversi siti internet, pagine dedicate di social network nonché veri e propri “negozi virtuali”, attraverso i quali il sodalizio pubblicizzava e commercializzava i prodotti contraffatti. A capo dell’organizzazione due imprenditori, uno romano e l’altro frusinate, entrambi di 31 anni, i quali si sono avvalsi anche di un terzo soggetto, una donna, che li ha coadiuvati sia nella fase della produzione che dei rapporti commerciali con la nutrita schiera dei clienti, curando anche la fase dei successivi incassi. Fondamentale, quindi, per il buon fine degli affari è stata l’appartenenza di uno degli associati a frange di tifo organizzato. Ed è proprio a questi ultimi che era rivolta la maggior parte della tipologia di prodotti d’abbigliamento casual commercializzati, ovvero, le magliette, le felpe, i cappelli, le tute recanti i marchi o i loghi di plurime squadre di calcio nazionali ed internazionali creando, di fatto, una sorta di monopolio nella produzione di materiali per il mondo “Ultras”. Per quanto concerne la conoscibilità dei loro prodotti concernenti la galassia del calcio, decisivo è risultato essere il “passaparola digitale” proprio tra gli esponenti del mondo delle tifoserie organizzate di calcio, con i quali in alcuni casi gli indagati avevano rapporti diretti e di amicizia. Tra gli articoli più gettonati spiccano capi “Vintage” come le tute della AS Roma con il famoso sponsor anni 80 “Barilla” o le maglie dell’Hellas Verona campione d’Italia 1984/85. Anche i principali clienti della società investigata, dislocati in Campania e Veneto. Vi sembra un gioco ragionevole? No, non è ragionevole. Ma questo non esclude che possa essere razionale. Profondamente razionale. Eccoci di fronte – di nuovo? di nuovo – al caso Italia, che di tanto in tanto si riaccende. Accade perché c’è violenza nella società. E’ un paese fuori controllo per carenza di anticorpi. Spesso la Legge funziona tanto al grammo: e ciò non è tollerabile. Si applica con quelli meno simpatici, si interpreta con gli amici. Da Aosta a Marsala non c’è la garanzia che lo stesso reato venga sanzionato in maniera uguale. E non crediamo che i padri della Repubblica avessero questo in mente quando hanno scritto i codici comportamentali. E gli effetti dei comportamenti non corretti non sono prevedibili. E il disordine è aggravato dalla crisi che penalizza maggiormente gli onesti: chi truffa ha sempre una via di fuga, mentre chi con la fatica del proprio lavoro cerca di essere in regola paga lo scotto del non aver messo da parte il cosiddetto “bottino” che torna utile in tempi di vacche magre.