di Roberto Gugliotta
Fiamme sporche e cortesie, giustizia, temi sociali. Vivono sul nostro territorio magistrati integerrimi, medici altruisti e instancabili, donne pronte a cambiare la propria vita e altre che lo sono meno. Storie verosimili di grandi atti ma senza dare di matto se poi non ricevono un premio né una gratifica. Poi c’è la fiction, ovvero la falsa narrazione di come effettivamente sono andate le cose. Ma siamo a Messina, dove tutto è il contrario di tutto. Un fine anno che ci riserva sempre qualche colpo di scena e non sorprendetevi se da qui al 31 dicembre … qualche altro terremoto finirà sui media. Le pagine dei giornali diventano spesso la culla per nuove scalate e non è detto che spesso siano immune da coperture. Ma chi diavolo comanda questa città nessuno ve lo dice. Anzi, vi allarga le braccia. Abbiamo un sindaco, d’accordo, un commissario alla Provincia regionale, un prefetto e un questore e per non farci mancare nulla persino un presidente devoto al santo pallone. Ci manca un monsignore, qualche lavoro in corso, ma perdindirindina, ci stiamo attrezzando. E allora perché Messina è all’ultimo posto come qualità di vita? Non me lo so spiegare. La realtà è come uno specchio, in genere ha presa sul cittadino, ma se poi i fatti vengono manipolati a uso e consumo del Sistema, fanno riflettere. C’è una fetta di popolazione più matura che vuole che i media non gli raccontino delle favole, e c’è il cittadino diseducato dalla messinesità da operetta, che segue le vicende come se fosse una telenovela: amori, tradimenti, scalate imprenditoriali e politiche. In questi giorni ho letto tante opinioni sul cambio di casacca di Francantonio Genovese: la sua vita è diventata qualcosa che va oltre la sfera privata. Un politico ha il dovere di rendere conto ai suoi elettori delle scelte non a una casta di farisei. A Francantonio tutto si può dire tranne che difetti nel coraggio. Nel bel mezzo di un processo penale ha avuto la forza di fare il primo passo e dire “Io non mollo”! Quando entrò in politica nel 2001 si disse che era un predestinato perché alle spalle aveva una grande famiglia. La sua candidatura soddisfaceva certi bisogni di sicurezza della messinesità, che poi fosse anche capace di aumentare il pil e di accrescere il prestigio, non credo rappresentasse il problema dominante. Oggi è tutto diverso. E questa sua scelta di non mollare la partita provocherà non poche conseguenze. Ecco perché ha avuto coraggio. Un gran coraggio. I bigotti messinesi lo hanno criticato: chi crede ancora di essere questo Francantonio? Doveva rispettare certi equilibri interni, e far contento qualcuno di fuori. E’ stato scritto che nulla è più triste della morte di un amore, e malinconica è anche la fine di un idillio istituzionale. Ma è ridicola la cosiddetta società civile che è afflitta da gravi interrogativi perché non riesce a capire le vere motivazioni che possono avere provocato il cambio di casacca: forse dall’altra parte si comportano in maniera diversa? Siamo certi che tutte le promozioni, le nomine nei Palazzi siano il risultato di una seria verifica di titoli e meriti? No, in gran parte di queste storie è sempre la politica, intesa come non nobile scambio di favori, che decide la sorte di chi guida un potere. Genovese o non Genovese, credo che, in realtà, la questione che li assilla non sia tanto il diritto della gente a sapere come vanno le cose – della gente ai bigotti e civilissimi censori messinesi non frega nulla – ma la parte che possono ottenere nell’area della benevolenza. Si spartiscono non solo i posti, ma anche le zone sensibili alle voci del potere. I portaborse, quando non hanno seguito tra la comunità, si giustificano con l’orgogliosa affermazione: La nostra audience non è alta ma qualificata.