Adesso comincio a vederci chiaro. Comincio a penetrare uno dei misteri dei nobili e civili messinesi (ai quali devo tanta gratitudine), che aprono subito il discorso sui furti perpetrati dagli altri. Aggiungono immediatamente che loro non sono arroganti nè raccomandati. Quindi tirano fuori immancabilmente la storia di una promozione, un posto al Policlinico o nell’Ateneo. Destinato a loro, o alla figlia, alla nipote, alla cognata bisognosa e meritevole, che un raccomandato cattivo come l’inferno le ha strappato di mano all’ultimo momento. Nella messinesità post rivoluzionaria non c’è esponente di primo piano della società civile che non vanti volentieri una storiella di grande lotta per gli ultimi. E per farlo organizzano convegni, tavole rotonde, incontri in libreria. Sono i promotori di se stessi, nobili paladini di un malcostume che aiuta a far dimenticare le loro malefatte. Loro sono i migliori, non hanno mai abusato del cognome nè degli amici potenti. Loro sono il meglio della gente di questa città. Loro sono il top. Lo sapete? La comunicazione oggi si fa soprattutto attraverso l’immagine. E già i conti non tornano. Se questi nobili paladini rappresentano il merito, il cervello che vince sull’inganno, che hanno da spartire con noi? Fuori dai denti: Non mi piace questa classe di presunti migliori. Non si può essere professori a vita. Io sono libero. Non sopporto assolutamente i compromessi morali dei bigotti civili paladini post rivoluzionari. Hanno avuto tutto nel passato e oggi pretendono pure di essere i testimonial di una cultura rivoluzionaria. Avanti, avanti, più mi criticate più mi tiro su.